Anohni and The Johnson: La recensione di “My Back Was a Bridge For You To Cross”

  • Anohni and The Johnson – My Back Was a Bridge For You To Cross
  • 7 Luglio 2023
  • ℗ Rebis Music / Rough Trade Records

Il nuovo progetto in studio (primo degli ultimi 13 anni) con i The Johnson, si ispira profondamente a “What’s Going On” di Marvin Gaye, e trasla quel profondo stato di smarrimento del dopo guerra del Vietnam nel contesto sociale contemporaneo. “My Back Was a Bridge For You To Cross” è un disperato incontro tra Soul e Funk, con sprazzi di Jazz e Disco.

Il matrimonio fra Anohni e la band, da vita a una serie di tracce che parlano di collasso della società e rotture, partendo da spiriti guida, come Sylvia Rivera, o Marsha P. Johnson, rappresentata nella copertina del disco, per confezionare un progetto che parla di guerra politica e sociale a tutti gli effetti. 

Il disco si apre con arpeggi di chitarra stile Motown di Moose in “It Must Change”. La voce soul vecchio stampo di Anohni viene avvolta completamente dalla traccia, merito della produzione di Jimmy Hogarth (James Blunt, Amy Winehouse, James Morrison, Sia). L’arrangiamento semplice della prima traccia viene abbandonato per un poco più di un minuto. In “Go Ahead” le chitarre si sporcano, generando muri di distorsioni e lamenti, mentre il soul di Aohni si trasforma in parlato. I vocalizzi e le sottili linee melodiche di viola di “Silver of Life” riportano la calma. “In questo posto, fatto di luce / Ho costruito una casa” canta. 

“Can’t” mostra strutture di ottoni, dolci melodie di chitarra e una sezione ritmica sostenuta. “Scapegoat” mantiene le stesse progressioni di “Can’t”, mentre come per quest’ultima, la cantante mette sul tavolo tematiche sociali importanti. “In questa società / un capro espiatorio è tutto ciò che posso essere”. A differenza di “Can’t” che manteneva lo stesso arrangiamento per tutta la sua durata, qui la tensione crescente esplode in un Bridge carico di strati di synth, archi distorti e vocalizzi. Nella psichedelia di “Rest” risiede l’incredibile capacità produttiva di Hogarth, che riesce a creare un’atmosfera perfetta. 

“There Wasn’t Enough” è semplice, e allo stesso tempo estremamente intricata, la voce di Anonhi raggiunge ottave più alte, ma rimane come un sussurro rauco, nella palette sonora, ancora una volta in gran parte contaminata dalle chitarre di Moose. “Why Am I Alive Now?”, alza il ritmo. È una traccia più movimentata, supportata da una ritmica fatta di percussioni africane, il soul delle tracce precedenti assume tinte jazz, mentre la cantante incrementa il carico emotivo prima di sfociare nella traccia di chiusura del disco. 

In “You Be Free” il tempo sembra fermarsi. “La mia schiena era un ponte da attraversare” canta, e poi ancora “Sii libero”. Queste due tracce creano un botta e risposta: “Perché sono vivo ora? Così puoi essere libero”.  “My Back Was a Bridge For You To Cross” come il già citato “What’s going On” fece cinquant’anni fa, ha un posto di diritto nella lista di dischi icona dell’attivismo. 

Voto: 8.3/10

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