Carmelo Pipitone: La recensione di “Piedi in acqua”

Review

Voto
8/10
Overall
8.0/10
  • Piedi in Acqua – Carmelo Pipitone
  • 26 Gennaio 2024
  • Carmelo Pipitone / Freecom Srl

Piedi in acqua è la terza fatica in studio di Carmelo Pipitone, già noto come chitarrista e cofondatore dei Marta sui tubi e per le esperienze più recenti nei supergruppi Dunk e Ork. Tra cantautorato, folk, progressive e accenni di metal (per sintetizzare), il suo è un sound consolidato, il risultato di una miscela personale, mai banale, che scava nell’animo umano tessendo melodie sempre nuove. Dopo i primi due episodi sotto la supervisione sonora di Lef, compagno di band negli Ork, la produzione questa volta è affidata al polistrumentista Federico Fiamma.

Rispetto al precedente Segreto pubblico, dove l’apporto di più strumenti e gli arrangiamenti riconducono ad una certa familiarità con gli ultimi lavori internazionali, questo disco sembra recuperare l’immediatezza di Cornucopia. Gli strumenti sono ridotti al minimo, scompare la batteria (solo rari interventi ritmici), per restituire alle chitarre il compito di mantenere le coordinate emozionali. Le atmosfere sono a tratti più dilatate e fumose, altre volte si condensano in ballate medievali oppure in paesaggi progressive e ambientazioni da blues psichedelico.   

La voce trova in una poetica rinnovata il modo di esplorare con ancor più forza gli stessi territori in cui si inoltrano le chitarre, variando con naturalezza tra italiano, dialetto siciliano e inglese. Ancora una volta, il musicista siciliano si cala nei panni di un mutaforme, che cambia volto e personalità in base alle vicende narrate. 

piedi in acqua

Schietto, sincero e a tratti ermetico, ci consegna 13 tracce in cui si fa spazio la poesia del veroun vero e proprio Verismo fatto in musica contaminato da immagini minimali, storie, riflessioni ad alta voce e sentimenti contrastanti, affreschi della società e uno sguardo che va sempre al di là del provvisorio. Il tema ricorrente del mare e dell’acqua diventa centrale in questo album.

La title track Piedi in acqua è un’intensa ballad sulla metafora del mare, immagine presente anche nell’evocativa Le vesti non servono più, dove “l’acqua la roccia leviga”, che si potrebbe considerare uno dei significati principali che sta dietro a tutte queste canzoni. Carmelo Pipitone ripropone il dialetto siciliano in Pinzeri, una “nenia”, come canta lui stesso, in cui si lascia andare in riflessioni dolciamare sui pensieri, che si insinuano, si rompono e poi tornano in qualsiasi momento. Compare anche in U’ riavulo a mo’ di scioglilingua amalgamato alle ritmiche. È un vero e proprio componimento in stile medievale con accenni dissonanti e nel finale urlati e distorti. 
L’autore è molto a suo agio in queste vesti, basti ascoltare Il re è nudo.


In altri brani sembrano riecheggiare le atmosfere unplugged dei grandi del grunge, in particolare gli Alice in chains. È il caso della già citata Piedi in acqua e di Veleno, commovente e automotivante, una lettera aperta alla vita, una dichiarazione di resistenza nonostante tutto. Sono dei momenti intensi, riverberati, in cui c’è una predisposizione d’animo quasi da preghiera, come in Odessa.
La formula acustico/elettrico è ormai un marchio di fabbrica, così come le fughe progressive di Sono stato, un affresco delle sfaccettature dell’animo umano, e di Meravigliosa, un brano che i cultori del genere potrebbero accostare al tributo “PFM canta De André”.

Ci sono poi territori sonori desolanti e nebbiosi, in cui Tempo Peste nera trovano campo libero per adagiarsi su un blues psichedelico e western.  Sotto questa nebbia, si intravede l’ambientazione western anche nel finale di Altri mondi, che apre ad interpretazioni e consapevolezze sulla vita che volge al termine, con la possibilità di immaginare altri mondi, siano essi terreni o emotivi, da cui ripartire. 

La chiusura è affidata a L’america, dolce e malinconica, quasi come a stare con i piedi in acqua alla riva di un fiume a guardare tutto il panorama di emozioni, colori e suggestioni della vita.

E quel respiro finale sintetizza l’atto liberatorio di un cantautore che affida agli ascoltatori una gran parte di sé, il capitolo di una trilogia solista (finora) che conferma Carmelo Pipitone come un mutaforme eclettico che sa stare con disinvoltura dentro e fuori gli schemi.

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