Death’s Dynamic Shroud: recensione della nuova Trilogia

Review

Voto
7.7/10
Overall
7.7/10

Dopo aver pubblicato una produzione all’inizio di quest’anno chiamata After AngelTech Honors, Keith Rankin e James Webster, ossia i tre artisti che compongono i DDS, premono ancora di più sull’acceleratore e fanno uscire una trilogia, un trittico di lavori che permette di addentrarsi intensamente nella cava della loro sperimentazione. Negli ormai quasi dieci anni di vita di questo trio, ormai stabilitosi in California, i death’s dynamic shroud (al quale aggiungono simpaticamente un dominio “.wmv” su piattaforme e siti web) sono estremamente attivi nello sviluppare e portare avanti un mix di estetiche e sound da loro definito NUWRLD, che unisce i canoni principali della vaporwave a una miriade di altre influenze (dance, art-pop, classica, EDM eccetera) nonché a un samplingcurato ed eterogeneo.

death's dynamic shroud

Usciti sulle grandi piattaforme il 10 novembre e annunciati dalla stessa band qualche tempo prima, i tre album mostrano una diversificazione già dalle copertine: Midnight Tangerine rappresenta un dipinto quasi acquerellato, che Tech Honors ha remixato tra Mary Gartside e Kaspar Hauser; quella di Transcendence Bot è un artwork elaborato da Keith Rankin e Keys To The Gate ha in copertina un’illustrazione di James Webster. L’estetica che propongono i tre si spalma dal digitale al transumano, rappresenta in toto l’idea di musica che poi i suoi componenti effettivamente imprimono in studio di registrazione. Parte della produzione ora pubblicata era già appartenente ai mixtape che i singoli membri dei DDS avevano prodotto e che ora vengono riproposti in viniletramite 100% Elettronica, label e casa di riferimento.

Il primo disco che prendiamo in considerazione è Keys To The Gate, il quale si compone di dodici brani e che descrivono loro stessi come “a cinematic and frenetic electronic album confronting personal and geopolitical fears and anxieties”. Esclusi i due interludi (LINIP Vanishing Winteril primo ammantato di etere elettronico e il secondo richiama un movimento leggiadro), la proiezione dell’ascoltatore in questo grande ambiente passa attraverso l’intro Gate Theme, quasi un minuto di tappeto d’archi immersivo, per poi distendersi su Let Them Liveun brano di ritmiche serpentine e di melodie che oscillano tra sezioni à la Muse e il synth pop retrò alla ABBA-maniera.

Per tutto l’album si alternano brani veloci, densi e con selvagge sperimentazioni elettroniche (The Glaciers Are Melting, Love Heat, Free Yourself) ad attimi di quiete, meno appesantiti dai tornanti strumentali (Soft Light Switch, Nothing Lasts Forever). Le ultime due composizioni, Dread in the Modern World e la title-track Keys To The Gate, fungono da collante ideologico dell’album: la prima si posiziona solidamente su un territorio dark ambient, mentre la seconda vuole essere una ballad che sfocia nel lirismo elettronico e simbolico (Somewhere far away/You’ll find the keys to the gate, recita la traccia), con un solo di chitarra che avvicina al pianistico finale di disco.

Con Midnight Tangerine, invece, i toni solitamente più estrosi dei death’s dynamic shroud si alleggeriscono, al fine di soffermarsi su un ambient pop emotivo, meno ballerino e più sviluppato su synth e palette orchestrali. Buon esempio è il primo dei dieci brani del disco, Who I Say I Am, il quale sollecita ed evoca, tra il pop e giochi sperimentali; a questo si uniscono d’altra parte composizioni struggenti e dolci, che riportano alla luce emozioni nostalgiche (A Part of Me, la più classicheggiante Twin Moons e la potente Autumn Hill).

L’interludio Hotel Girl anticipa forse la più emblematica delle tracce synth pop dell’album, Bleeding Of The Sun, la quale balza facilmente da un sound fine e cadenzato a ritmi più epici ed elevati. Nella seconda parte del disco, l’immaginifica Hologram World avvicina i synth a suoni videoludici, quasi materializzando la stessa strofa del pezzo “We know / The world is fantasy”; si conclude l’album con un collegamento tra il filler Apology Of The Witch e l’ultima Moon Bow, dove in entrambe la cantilena “O Lady / I’m sorry” è reiterata, con un finale tra epica ed EDM, una struttura incalzante per chiudere in definitiva un viaggio fatto di immagini ricche e metaforiche, perdurato per tutti i 41 minuti dell’album.

Conclude il trittico Transcendence Bot, un’opera invece più cupa, legata a un ambiente più contemplativo e a tratti liturgico, dove la pienezza delle composizioni emerge. Dopo essere stati accolti dalla cupa Un-reflected, si impatta in What? to be human, un’inarrestabile onda di synth e drum machine che impegna l’ascolto con continui saliscendi di anafore, distorsioni e sovrapposizioni. La coralità vocale prosegue in Threshold: Return to Me, che prosegue toccando le corde dell’industrial e, sul finale, del metalcore, con un profondo e tremante breakdown.

L’interludio Believe sembra strizzare l’occhio all’hyperpop, e la successiva Over Again è un brano più classico, con ritornelli di archi e muri di synth. Spirit of Loneliness e la title-track Transcendence Botimmergono l’ascoltatore in un soundscape avvolgente, un letto di voci e suoni che trasporta fino all’aggressiva Profane Angelic Function, uno dei singoli i cui elementi costituiscono, come scrive lo stesso gruppo, “some of the heaviest music DDS has ever made”. L’outro In The Clouds Hearing Voices si innalza con il duo vocale fino alla catarsi di un delirio sonoro, stoppato infine da uno ieratico silenzio. 

La logica del progetto Death’s Dynamic Shroud è salda, coerente e tonica in queste nuove produzioni; la trilogia che porta il collettivo al numero di quattro album nel solo 2023 è un ensemble di idee, sfaccettature, prove e maschere che gli autori provano a indossare cimentandosi in varie forme della propria musica. Se Midnight Tangerine si inoltra più a fondo nelle onde della canzone cantata e più orecchiabile, Trascendence Bot ripaga invece con maggiore cupezza, durezza sonora e atmosfere ipnotiche, mentre Keys To The Gaterievoca in salsa prettamente elettronica dubbi e incertezze del presente. Se la trilogia non si configura come la produzione catchy e accessibile al grande pubblico, sempre che ne abbia mai avuto l’intenzione, per gli amanti del genere è sicuramente una certezza, l’ottimo lavoro di un trio dalle idee sconfinate, così estese da rendere l’impressione di non aver inserito ancora tutto nel loro vorticoso frullatore. 

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