- Egyptian Blue – A Living Commodity
- 27 Ottobre 2023
- ℗ Yala! Music
L’Inghilterra continua a sfornare talenti come non mai, in un fordismo pedissequo all’insegna dell’arte del
suono. Figli di quest’arte non possono non essere gli Egyptian Blue con l’uscita del loro primo album, A
Living Commodity.
Sembrerebbe inizialmente di ascoltare la solita nuova-vecchia solfa di revival post-punk. Dietro c’è molto di più: animo grintoso che sfocia in eloquente ribellione, frutto di spirito ma anche di tecnica da vendere.
L’insieme può essere erroneamente considerato come l’esatta mescolanza degli artisti che polarizzano la
scena, un vero proprio shuffle di tributi. A questa apparente playlist si aggiunge però la singolarità verace di ogni singolo pezzo. Non si tratta di un disco drive n’play, che finisce col far perdere l’ascoltatore nei pensieri abitudinari della spesa da fare o delle bollette da pagare, tuttalpiù un’attenta ricerca di quanto si vuole esprimere nella breve durata di un Long Playing. Mera concisione di idee.
A Living Commodity, il singolo che dà il nome al disco, è il sunto preciso di quanto detto fin ora. Completo e maturo al punto giusto, in grado di aprire le porte ad una band fino a ieri sconosciuta o, meglio, perduta nei meandri del calderone musicale a cui appartengono. Il pezzo esordisce con un riff acuto che rimbomba nella testa durante l’ascolto, quel tipo di arpeggio di chitarra che non ti abbandona più. Il cantante, in merito, afferma:
“per caso ho notato uno strano effetto orientaleggiante sul mio pedale delay, così ho iniziato a
sperimentare. In questi casi la mia mente corre: sono tornato a casa pensando alla canzone che si costruiva nella mia testa e nello stesso giorno avevo gran parte della sua struttura”.
La sezione ritmica fa da padrona: un basso sostanzioso si affianca ad una batteria dai piatti fragorosi, base perfetta per la voce strepitante e diretta di Andy Buss.
In Geisha tutta l’idea progettuale della band diviene realtà tramite una costruzione articolata, ritmo
irrequieto portato costantemente lungo tutto il pezzo, il quale si rivela il più complicato dell’album. In
merito, Andy conferma:
“Non mi piacciono le cose facili, a volte voglio rendere le cose strutturalmente più complesse, le preferisco”.
Con Apparent Cause la band si prende una pausa dai tumulti delle altre tracce, mostrando come sia
possibile il passaggio da una enorme vigore ad una calma inquietante, mantenendo totalmente il controllo in un ambiente, quello del disco, diversamente equilibrato. Nella sua saziante drammaticità, la voce qui ricorda particolarmente quella di Grian Chatten, sia nel suono grave che nel portamento.
Il vero grande cambiamento viene affrontato nei testi, passando da una rappresentazione di ascolti casuali a dolorose interrogazioni sulle incertezze esistenziali, frutto delle normali contraddizioni quotidiane. Siamo consapevoli di essere timonieri di una vita che non si sceglie ma da cui possiamo trarne linfa, soprattutto grazie alla selezione dei suoi contenuti. È la realizzazione della bellezza durante l’auto-sabotaggio.
Dopo questo primo vero lavoro, gli Egyptian Blue ne escono potenziando le proprie caratteristiche, con
dinamiche più profonde e svelando una propensione emotiva covata da tempo sotto la superficie. Il
cambiamento risoluto dell’alternativo, quindi, può e deve passare da loro.