Fulminacci: La recensione di “Infinito +1”

Review

Voto
6.7/10
Overall
6.7/10
  • Fulminacci – Infinito +1
  • 24 Novembre 2023
  • Artist First / Maciste Dischi

Infinito + 1 si ispira a quel mondo ludico ancora ingenuo e inconsapevole, che comincia dall’infanzia e che sembra svilupparsi senza mai arrivare a una fine: Fulminacci non è affatto una new entry della musica italiana ma è ancora un ragazzo, un artista che non smette di migliorare la propria mentalità e che esplora, forte di una certa emozione positiva che lo incalza. Il puzzle in copertina, che compone il viso del cantautore, richiama a quel senso di gioco, mentre mancano ancora dei pezzi, qualcosa è ancora sparso qua e là, non abbiamo la visione completa che ci aspetteremmo e che non sappiamo se vedremo mai. 

Registrato e prodotto nel triangolo che include Roma, Milano e Bergamo, la terza produzione di Filippo Uttinacci (vero nome dell’artista classe ‘97) è affidata al coetaneo Giorgio Pesenti (Iside, okgiorgio) e come sempre orchestrata da Maciste Dischi, icona delle label indipendenti da tempo produttrice di artisti come GazzelleMobrici e via discorrendo. Quei paragoni di inizio carriera che lo hanno avvicinato molto a figure come Daniele Silvestri (sono usciti anche un paio di brani insieme, di recente) hanno visto negli ultimissimi tempi invece un adattamento alla scena pop giovanile italiana, che sembra rappresentare un’idea precisa della direzione che l’artista in questione ha preso.    

Fulminacci - Wired Next Fest 2021 -

Nei dieci brani del disco (poco più di mezz’ora), si distende la facciata dualistica di Fulminacci tra canzoni di amore e di personalità, per quanto non riproponga quella primigenia ma anche espressiva spregiudicatezza e provocazione di La Vita VeramenteInfinito + 1 comincia col botto con Spacca, un ottimo brano di apertura per dinamismo e per la riproposizione dei punti forti del cantautore romano, immerso tra cori e ritmi accattivanti, “un po’ giovane vecchio”. Forte della sua collaborazione bergamasca, si ritrova in Puoi la presenza di uno dei gruppi indie di punta in Italia, ossia i Pinguini Tattici Nucleari: il duetto con Riccardo Zanotti è amalgamato, il pezzo è leggero (un classico connubio amore-gioventù), meno arzigogolato di altri ma abbastanza funzionale. 

Ragù è la miglior miscela del Fulminacci più “generalista” (come quel “pubblico faticosamente conquistato”) e quello spontaneo senza filtri, forse rappresenta simbolicamente quel “ragù di cantautore” che lui professa nella stessa canzone; successivamente arriva il terzo singolo del disco, Filippo Leroy, che tra citazionismi artistici (Fontana, Da Vinci, Magritte) e qualche solito fendente stilistico non è certo il brano di punta. Seguono due ballate, una molto mielosa per quanto riconoscibile e profonda, un po’ De Gregori un po’ Jovanotti (Simile) e l’altra invece forte e delicata allo stesso tempo, che usufruisce della mente artistica di Giovanni Truppi e si sente, rivolta verso il tema dell’età e della caducità della vita (Occhi Grigi).

Qui si spezza improvvisamente il pathos creato in mezzo al disco per fare spazio a Baciami Baciami, che mostra le buone doti del cantautore romano di cimentarsi in brani power pop, vestita comunque con un testo nostalgico e amoroso. Delle chitarre spagnoleggianti introducono il primo singolo dell’album, Tutto Inutile, e in meno di tre minuti fa del pop un blender variegato, sicuramente pensato come un singolo che avrebbe anticipato il disco per la sua natura. Chiudono Così cosà, un brano abbastanza tradizionale che combina strofe intimistiche e un ritornello cantabilissimo, e l’ultima La Siepe, un brano molto tendente alla musica folk, composta da chitarre limpide e una voce cantautorale che Filippo recita con giudizio e cura.

Il lavoro del cantautore romano è di lima, innegabilmente studiato e con spunti assai interessanti. Questo terzo album apre probabilmente di più quella sorta di spaccatura che si è allargata nel corso della, seppure ancora breve, carriera di Fulminacci: più fedeltà a quel ragazzo “scanzonato” ma così personale ed espressivo, oppure maturare nel segno dell’indie pop (quello di Tante Care Cose) sotto l’architettura di Maciste Dischi? Infinito +1 fa pendere sempre un po’ più l’ago della bilancia da questa parte, dove l’inquadratura di una ideale finta camera vede il giovane artista romano cambiare il modo di cantare le gesta della società che lo circonda, tra quella dolce critica di chi vede coi propri occhi e la traslazione repentina verso l’indie pop italiano. 

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