Iron & Wine: La recensione di “Light Verse”

Review

Voto
8/10
Overall
8.0/10
  • Light Verse – Iron & Wine
  • 26 Aprile 2024
  • Sub Pop Records

Ci sono momenti in cui ritmi frenetici e preoccupazioni giornaliere prendono il sopravvento, ed è proprio in questi casi che la musica di Iron & Wine può far bene all’anima.
Ascoltando Light Verse dall’inizio alla fine si può cogliere la sensibilità del mondo dipinto dal cantautore, tra scenari rarefatti, affreschi quotidiani, riflessioni e parole che fluttuano nell’aria.

Dopo la semplicità degli esordi, Samuel Ervin Bean (alias Iron & Wine) arriva al suo settimo LP con la consapevolezza di aver sperimentato parecchio, arricchendo quel cantautorato minimale che l’ha fatto conoscere al grande pubblico con gli stili più disparati, dal jazz alla world music, dal country-blues al soul, ricercando anche sfumature etniche o talvolta più distorte. L’identità di Light Verse è merito della collaborazione con nuovi musicisti, tra cui il bassista Sebastian Steinberg ed il polistrumentista David Garza, che hanno caratterizzato i brani facendo emergere l’essenza di Bean in questo momento.

Le tracce del nuovo album non si discostano molto da quelle che il cantante ha sempre definito come “cinematic songs”, riuscendo a rendere simbolico ogni “verso leggero”. Infatti, a differenza del precedente Beast Epic, questo è un disco più spensierato, si percepisce una visione della vita più serena.
Le emozioni non vengono amplificate, ogni cosa ha il suo giusto peso, tutto scorre come deve. Per cui tutto appartiene a tutto, colori, immagini, sensazioni, suggestioni.

Light Verse

Gli esseri umani piangono, ridono, amano, baciano, sono in un mondo dove vale la pena vivere per attraversare ogni fase dell’esperienza umana. 
In Bag of Cats scrive che “You’ll never find a better place to die” (Non troverai mai un posto migliore dove morire), indipendentemente dalla lunghezza della vita.

L’alternarsi di scene semplici e naturali a versi poetici contraddistingue tutta l’opera. Ad esempio, in Taken by Surprise Beam accenna al ciclo naturale delle giornate (“Day turned into night and night to morning”), mentre in Tears that Don’t Matter suggerisce di mangiare un arcobaleno (“Fly right, eat a rainbow”).

Tra gli episodi più confortati va segnalata All in Good Time in duetto con Fiona Apple. Il resto scivola traccia dopo traccia senza intoppi, lasciando ad un’orchestra di 24 elementi il compito di accentuare il pathos di alcune canzoni. Tra queste c’è Yellow Jacket (che insieme ad altre rievoca la magia di Nick Drake) e la conclusiva Angels Go Home

In Tears that Don’t Matter le orchestrazioni sono dei personaggi aggiuntivi che prendono per mano un ipotetico protagonista immaginario per lasciarlo poi sospeso ad ammirare un paesaggio di emozioni che si alternano, accettando molteplici mondi interiori che convivono quando un essere umano perde se stesso per poi ritrovarsi. Mentre Beam nel finale canta “lost and found”, si ha una visione più completa della sensibilità cinematografica (oltre che poetica) che fa parte del processo creativo di ogni disco di Iron & Wine.
Non resta altro che ascoltare Light Verse per concedersi un momento di serenità, di riflessione o semplicemente di pura poesia in musica.

/ 5
Grazie per aver votato!
Articolo Precedente

The Spell Of Ducks: La recensione di “L’autostrada dei fiori”

Prossimo Articolo

Tanz Akademie: La recensione di “Hullabaloo”

Latest from Recensioni