SHHHHHHH!: La recensione del nuovo EP di King Krule

Review

Voto
8.1/10
Overall
8.1/10
  • SHHHHHHH! – King Krule
  • 20 giugno 2024
  • XL Recordings

Un anno fa, durante il tour di Space Heavy, King Krule inseriva nei suoi live qualche brano forse scartato dal disco e ne vendeva copie in flexi-disc. Quei brani, apprezzatissimi in live, si possono finalmente ascoltare ovunque. Questo è “SHHHHHHH!”, l’EP di cui non tutti sapevano di aver bisogno.

King Krule, al secolo Archy Marshall, non ha bisogno di presentazioni. Al giovane londinese è stata sempre riconosciuta una grande poliedricità, che si traduce in un sound personale e riconoscibile. Tutta la sua discografia è estremamente coerente e coltiva un’estetica precisa, fatta di influenze indie rock, darkwave, post-punk e punk-jazz. La pubblicazione di “SHHHHHHH!” non è una vuota manovra commerciale per ravvivare l’interesse verso un artista ad un anno dalla sua ultima uscita: l’EP aggiunge tasselli significativi al mosaico discografico di Marshall e i quattro brani funzionano bene in un disco autonomo.

Shhhhhhh!

Achtung!” è la traccia di apertura: oscura, riverberata al punto giusto, con una importante vena new wave. Il brano viene colorato da armonie un po’ più complesse rispetto a ciò che ci si aspetta di trovare in un brano new wave. L’armonia, insieme alla stratificazione di suoni, imprime al pezzo l’inconfondibile marchio di fabbrica di King Krule.

L’attitudine post-punk collega bene il secondo brano, “Time For Slurp“. Il timbro vocale e l’assolo di chitarra sono protagonisti ma non monopolizzano il discorso. La breve durata della traccia – 1 minuto e 57 – la fa suonare quasi come un intermezzo, senza nulla togliere alla sua solidità. In ogni caso, ha tutta l’aria di un brano che si presta ad una resa live scatenatissima.

L’EP cambia completamente direzione con “Whaleshark“, un delicato lento dalla fattura lo-fi. Archy Marshall, fra le altre cose, scrive bene: “Where’d it all go wrong?” chiede all’inizio del brano, parlando di affetti non più presenti. La musica che avresti voglia di ballare con la testa appoggiata al petto di qualcuno di speciale, ti lascia improvvisamente da solo. “Waited for you all night / And all day / Waited for you all day / And all day / And all night / But no show / They was never there“. E così, una scrittura perfetta condanna a godersi questo dolcissimo solo di sassofono in compagnia di un’assenza.

In 4 minuti e 18 di delirio, l’ultima traccia chiude l’EP con un cliffhanger. “It’s All Soup Now” è la formula utilizzata per commentare la confusione esistenziale dell’esperienza umana dove, alla fine, tutto viene messo in prospettiva e si mescola in un insieme dove ogni ingrediente è indistinguibile. La frase è pronunciata quasi con rassegnazione nella prima metà del brano, su una base musicale piuttosto minimale. Il brano evolve in qualcosa di molto più potente e affermativo con una solida linea di basso e un sassofono urlato, seguito improvvisamente da suoni elettronici che ricordano le suonerie dei telefonini di vent’anni fa.

C’è dell’ironia: l’ossessiva ripetizione di questa omogeneità esistenziale è sconfessata da un brano che varia tantissimo, in cui ciascun suono è ben distinto e aggiunge un colore. L’outro, dicevamo, è un cliffhanger. Il nichilismo funziona così: dopo una prima parte di decostruzione e una seconda di disintegrazione, occorre ricostruire. Succederà nel prossimo disco, magari a partire da quegli ultimi fraseggi elettronici?


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