Lana Del Rey: La recensione di “Did you Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd”

  • Lana Del Rey – Did You Know That There’s a Tunnel Under Ocean Blvd
  • 24 Marzo 2023
  • ℗ Polydor Records Release / Interscope Records

Il nono progetto in studio di Lana Del Rey, al secolo Elizabeth Woolridge Grant, è un album mastodontico che esplora la famiglia, l’amore è il senso di perdita aiutato da riferimenti biblici e atmosfere malinconiche. Come approccio cantautoriale, il disco non si allontana particolarmente dai lavori precedenti e ritornano tematiche che stanno molto a cuore alla cantautrice newyorkese, come la morte e più in generale, la perdita.  Ad accompagnare la cantautrice verso la stesura finale di questo disco c’è un vasto assortimento di produttori, ma il nome più importante (e quello che compare in gran parte delle produzioni) è sicuramente quello di Jack Antonoff, produttore di Fun., Lorde, la stessa Lana Del Rey e colui che ha traghettato Taylor Swift verso il suo nuovo stile musicale. Tra gli altri nomi abbiamo Drew Erickson, produttore storico di Lana Del Rey, Nick Waterhouse (Jon Batiste, Allah-Las), e Zach Dawes, altro nome già noto all’interno della discografia dell’artista. Nonostante il numero importante di produttori, l’album resta omogeneo, salvo qualche piccola sbavatura, per tutte le 16 tracce, spaziando comunque tra sezioni orchestrali, cori e ritmiche della nuova scena R&B.

“The Grants”, traccia di apertura del disco che prende porta il nome della sua famiglia, è un concentrato di Gospel e orchestrazioni, con riferimenti biblici alla montagna di Mosè e Lana che porta con sé le memorie dei suoi cari. In “Did you know that there’s a tunnel under Ocean Blvd” enormi percussioni e gli archi guidano una cascata di note di pianoforte verso richiami ai grandi musicisti degli anni ’70, verso la paura di non essere ricordati, verso la solitudine, tutto condito con una voce tanto vellutata quanto straziante. “Sweet” riprende uno degli argomenti della prima traccia, riguardo l’avere dei figli, stesi su una dolce melodia di piano forte. I sussurri, le melodie veloci di piano e chitarra conducono “A&W” ad un’epopea di sette minuti costruita su potenti armonie vocali e linee leggere di sintetizzatore che sfuma in effetti ambientali e batterie elettroniche. 

“Judah Smith Interlude” è costituita da un pianoforte che sembra suonare nelle profondità del mare, ma ciò che la rende è il discorso di Judah Smith, il pastore di Churchome. In “Candy Necklace”, primo featuring del disco, ci troviamo davanti alla prima ballad di questo disco. “Ti stai comportando in modo irrequieto / Io sono ossessionata da questo”. Jon Batiste, da la sua voce all’outro della canzone. Quello che colpisce parecchio dei riferimenti biblici di questo disco, non è solo che sono contenuti nei testi, ma anche nei nomi di gran parte dei featuring. “Jon Batiste Interlude” è un delirio pinkfloydiano di suoni ambientali, sperimentazioni e fill di batteria. “Kintsugi” è una delle tracce emotivamente più forti del disco. Si rifà all’arte giapponese di riparare la ceramica rotta con polveri, solitamente d’oro o d’argento. Si può tradurre come il non vergognarsi delle cicatrici che abbiamo. L’argomento principale della canzone è ancora una volta la morte, in questo caso di alcuni membri della sua famiglia. 

“Fingertips” galleggia fra accordi di piano sfocati e violini, mentre la cantautrice tira fuori tutti i suoi pensieri più intimi, in bilico fra relazioni passate e ciò che sarà in futuro. La progressione di accordi di “Paris, Texas” richiama l’omonimo film del 1984. In “Grandfather please stand on the shoulders of my father while he’s deep-sea fishing”, chiede in qualche modo aiuto a dio, chiede a suo nonno di vegliare su suo padre, con costanti richiami al titolo del disco. “Let The Light In” con Father John Misty, ci spostiamo su una canzone dalle tinte folk. Nelle tematiche troviamo una relazione clandestina tra due artisti, uno dei quali sposato, in cui entrambi devono nascondere il loro amore al mondo. 

“Margaret” è una commedia romantica, scritta da Jack Antonoff, che in questa canzone compare sotto il nome di Bleachers, e dedicata a sua moglie. Tra orchestrazioni sporche di mellotron e archi reali, la voce vellutata di Lana Del Rey canta di amori che vanno oltre la vecchiaia. “Fishtail” ripercorre i ricordi d’infanzia con la sorella. Al suono di piano sfocato si mescolano drum machine hip hop. “Mani sulle tue ginocchia, sono Angelina Jolie” canta in “Peperoni”. Questa è la traccia più sperimentale, costituita da veloci ritmiche di drum machine, sgommate e flauti sintetizzati. Un semplice pattern di chitarra clean chiude l’album in “Taco Truck x VB”. “Passami il mio vaporizzatore, mi sento male / Immagina se non ce ne fregasse davvero un cazzo / Mi sto innamorando di te”. La chitarra iniziale sfuma in ritmi elettronici e sintetizzatori.

Voto: 8.7/10

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