Sebastiano Lillo: La recensione di “Loving Duende”

Review

Voto
7.2/10
Overall
7.2/10
  • Sebastiano Lillo – Loving Duende
  • 15 Novembre 2023
  • ℗ Vision & Vitality Entertainment

L’artista del sud italia torna con un secondo esordio, a distanza di cinque anni dal suo ultimo progetto in collaborazione con Angela Esmeralda. Il nuovo disco abbandona ogni tipo di sonorità morbida proveniente dai progetti precedenti, tirando fuori linee melodiche blues squillanti e pattern dai toni funky. “Loving Duende”, che prende il nome da un saggio di Federico Garcia Lorca, dal titolo “Il Gioco e la Teoria del Duende”, porta con sé un alone stilistico dai tratti “spagnoleggianti”, nella scelta di alcuni suoni e strutture d’arrangiamento, mentre Lillo esplora oscurità e creatività attraverso un viaggio introspettivo di dieci tracce. 

L’intera lavorazione si è tenuta tra i SLAP Studios di Castellana Grotte, un paesino nell’entroterra pugliese, e OM Masterin Room a San Vito dei Normanni. Circondatosi dei musicisti che da tempo accompagnano i suoi lavori, Davide Penta al basso e Teodoro Carriero alla batteria, Lillo prende parte a tutte le fasi del concepimento, cura la scrittura dei pezzi insieme ai due musicisti scrive e arrangia tutte le tracce, con l’aiuto di Paolo Palmieri, che cura anche la produzione del disco. 

Loving Duende

L’apertura strumentale del disco, “Tostadora”, è un movimentato mix di linee melodiche blues dalle tonalità squillanti, che si convertono negli stili reggae di “Cat’s House”. Sui ritmi sincopati della batteria di Carriero fanno capolino sezioni di fiati e le frasi ripetute dalla voce graffiante di Sebastiano. La title track rallenta il ritmo del disco, prendendo, tra i suoni dei grilli, sonorità e ambientazioni vagamente western. 

In “Summer Stove”, le chitarre di Sebastiano si ammorbidiscono, costruendo un pattern esotico e sensuale, che si infrange sulla struttura ritmica di “Babylonya”. “Agua Santa” torna alle sonorità spagnoleggianti di inizio disco, mentre le voci di Sebastiano assumono timbriche cupe e rauche, in contrasto con le trombe di Antonio Fallacara. 

In “I Wish I Was a Whale”, l’intensità torna ad abbassarsi e i toni si fanno più morbidi. Anche la voce di Lillo cambia. Appare più fine, stracolma di effetti. Sembra quasi svolazzare, fra le sezioni ritmiche e gli arpeggi di chitarra. 

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