- Master Peace – Peace of Mind
- 24 Febbraio 2023
- ℗ Jasmine Music Ltd. / PMR Records
From indie-pop to “punk”. Questa è la formula vincente di “Peace of Mind”,
nuovo EP dell’artista inglese Master Peace. In questo caso con “punk” non è da
intendersi il fenomeno musicale Ramones o Sex Pistols, ma in senso lato.
Quella spinta viscerale che trasforma stati d’animo che, come un cancro, ci
consumano dall’interno. La volontà di dire “non ci sto!”. Ma cosa può aver
stimolato una transizione così netta? La risposta è “frustrazione”. Ma facciamo
un passo indietro.
Peace Okezie, in arte Master Peace, nasce nella contea del Surrey, in
Inghilterra. Terra che ha generato alcune fra le più grandi figure della storia del
Rock: Eric Clapton, Jimmy Page, Jeff Beck, Roger Waters e mi fermo qui, ma la
lista è ancora lunga…ma questa è un’altra storia. Torniamo a Peace. Classe
Fra le sue maggiori influenze vi è il rap britannico, con artisti come The
Streets e Gorillaz. “Se arrivassi a fare musica con Mike Skinner e Damon
Albarn, prometto che lascerei la musica quel giorno stesso, sarei arrivato”
dichiara Peace. Ad onor del vero, lo scorso anno ha raggiunto il giro di boa,
registrando un featuring proprio con Mike Skinner (The Streets). Il brano è
“Wrong Answers Only”. Tuttavia, con “Peace of Mind” prende le distanze da
queste sonorità, abbracciando un sound più aggressivo, chitarre garage e riff
che faranno felici i fan dei “primi Arctic Monkeys”.
“Fin dal mio singolo di debutto “Night Time” ho fatto musica indie, ed invece mi è
stata attaccata addosso l’etichetta di rapper, con tutti gli stereotipi che si porta
appresso. Sono di colore, porto il durag e in alcune canzoni faccio uso dello
“spoken word”, quindi sono un rapper. Questo pensa la gente. Come se venissi
da Londra. Sono del Surray, vengo dalla campagna. Ho iniziato a sentirmi poco
apprezzato”. Beh, l’abito non fa il monaco: questa è la genesi del nuovo EP.
“Peace of Mind”. Cinque tracce per un totale di circa 12 minuti di musica. Niente
di troppo stravagante, con nitidezza la musica veicola alla perfezione la
narrazione di Peace. “Country Life” è tagliente, descrivendo in dettaglio il rifiuto
da parte dell’artista inglese di rientrare nel cliché del mondo rock. “Are you
comin’ backstage after the show to take some blow or not? / I don’t take that shit
‘cause I’m not a thot”. “Achilles Heel” si pianta nella testa e difficilmente se ne
va. Questo pezzo ha carattere, ha un ritmo trascinante. Nulla è fuori posto. Altro
bel colpo! In “Veronica” Peace ha messo in background gli Arctic Monkeys di
“Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not” ricamandoci sopra il tema
dell’innamoramento giovanile. “There’s something ‘bout Veronica, I can tell that
she likes me / Something in her aura, I can tell that she feels me”. “Groundhog
Day” è una continua autocritica “I Always mess It up, darling / Always mess it up
good”. Forse per questa ragione è il brano più corto, non arriva a toccare
neanche i due minuti. Il mix del mantra “mea culpa” e chitarra distorta funziona.
“Kaleidoscope” chiude i 12 minuti, un brano con una posizione più catartica ed
introspettiva rispetto al pugno in faccia di “Country Life”. Alla domanda “Perché
hai deciso di concludere con una canzone in netto contrasto con l’inizio?” Master
Peace ha risposto: “Sento che “Kaleidoscope” è stata un po’ una sessione di
terapia, la fine del film. Prima facevo riferimento al fatto che sono felice di essere
“Peace dal Surray”, non voglio essere te, quindi non dovresti voler essere me,
perché non sono un modello. Abbraccia tutto, il tuo lato buono, il tuo lato cattivo.
Soprattutto sul web, siamo così presi dal tentativo di essere perfetti, so che è un
cliché folle. Alla fine della giornata moriremo tutti allo stesso modo, quindi
potremmo anche andare avanti”.
Navigando fra atmosfere indie, narrazioni rap e chitarre garage, Peace si spinge
fino ai confini delle “colonne del pop”, alla ricerca di una nuova dimensione.
Iniziativa azzeccata, che avrà sicuramente risvolti futuri interessanti. (Master
Peace non è un rapper!)