Militarie Gun: La recensione di “Life Under The Gun”

  • Militarie Gun – Life Under The Gun
  • 23 Giugno 2023
  • ℗ Loma Vista Recordings / Concord

Nell’ultimo periodo il mondo musicale si è trovato a dover affrontare un nuovo fenomeno in ascesa, quello dell’hardcore punk. Il genere è stato trascinato da gruppi come i “Turnstile”, che dopo la nomina ai Grammy, si sono spostati verso un’ambiente mainstream. La west-coast, in particolare la California è il trampolino di lancio di questa nuova wave. Ed è proprio la California ad aver forgiato il gruppo che andremo a recensire oggi.

La band aveva già dato prova di sé nell’EP del 2021, uscito poi come disco nel 2022, con degli inediti, “All roads Lead to the Gun”. “Life Under The Gun” è però a tutti gli effetti il loro disco di debutto. Nonostante l’hardcore punk sia il genere di riferimento, l’album va oltre quel tipo di confine, riuscendo a ritagliare uno spazio dedicato a linee melodiche capaci di far arrivare tutte, o quasi, le dodici tracce a un pubblico meno di nicchia. Sarà forse per un puro caso, ma per l’uscita del disco, la band californiana, si è ritrovata all’Outbreak Festival di Manchester, in Inghilterra, dove l’hardcore punk, e il punk più in generale, ha tutto un altro sapore (e valore). Dopo le varie pubblicazioni passate, “Life Under the Gun”, ha tutte le carte in regola per segnare il punto di svolta nel gruppo. 

L’hardcore più spietato di tracce come “Life under the Gun” e “Think Less”, lascia spazio a parecchi spunti melodici pop-punk, che hanno il sapore del posto da cui vengono.

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”Mi sentivo piuttosto giù / quindi mi faccio molto”, urla Shelton tra uno dei migliori riff del disco, in “Very High”. Quello che poteva risultare un vero pericolo per il disco è riuscito a fondersi in maniera ottima, creando una miscela di aggressività, melodia e tonalità scintillanti. Il disco tocca anche punti più lenti, “See You Around”, in cui i riff e i toni graffianti scompaiono, lasciando spazio a suoni percussivi sfocati. In tracce come “My Friends Are Having a Hard Time”, Shelton si spoglia, mostrando la sua sincerità e I suoi lati più vulnerabili.

In “Never Fucked Up” si toccano momenti parecchio cupi, di negazione, prima che la razionalità prenda il controllo della situazione. “Hai detto qualcosa che non voglio ammettere / voglio dimenticare”. È l’onestà, il filo conduttore di quest’album, unito ad un approccio di scrittura in cui i problemi dentro ogni canzone vengono descritti in tutte le loro mutazioni, quasi servisse a risolverli. 

Pur mantenendo uno scheletro hardcore-punk, il disco è godibile dalla prima all’ultima traccia, merito non solo delle melodie, mai troppo pesanti, ma anche di testi universali.

Voto: 7/10

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