Ricorre il secondo anno di uscita di “Bar Mediterraneo”, terzo album dei Nu Genea, duo di musicisti napoletani formato da Massimo di Lena e Lucio Aquilina. In questa occasione speciale, torniamo a ripercorrere le tappe di questo meraviglioso progetto musicale, interamente (o quasi) in dialetto napoletano.
Si tratta di un concept album estremamente curato e pieno di tematiche: l’estate, l’infanzia, i ricordi (spesso amari), le radici, la leggerezza, la povertà, infatti, sono i topic fondamentali che, tra i pezzi, si vanno a incastrare con l’idea di una Napoli internazionale. Una linea di basso molto definita apre, per esempio, la title-track “Bar Mediterraneo”. I tre minuti di strumentale sono un vero e proprio biglietto da visita per questo Bar, questo locus amoenus che il duo ha voluto lasciare immaginare: non si tratta di un semplice brano di apertura, ma di una descrizione implicita di una situazione ben precisa: ora del tramonto, aperitivo, leggera brezza marina, cappello di paglia e bar come luogo della realtà in cui ognuno di noi possa esprimere la propria personalità e gioire della bellezza della vita.
“Tienaté”, il secondo brano, è totalmente affidato alla voce di Fabiola Martone. Interessante come il suo timbro e le sue parole, piene di rammarico e amarezza, si vadano a miscelare con i suoni estremamente caraibici ed estivi. Il brano riprende il concetto controverso di Carpe diem: è inutile rimandare a domani qualcosa che si può fare oggi, perché se ci si approccia al domani domani, questo sarà già passato e si andrà a finire in un loop controverso. L’anafora “Pur’aié” ,ad inizio brano, conferisce proprio quel senso di impegno rimandato, di tempo ormai perduto. I sintetizzatori sul finale conferiscono una forte idea di reazione, di ribellione a questa dinamica che spesso ci incastra.
A seguire in “Gelbi”, la terza traccia, il dialetto tunisino di Marzouk Mejrilett e quello napoletano di un’altra voce femminile ci trasportano con la mente in un’altra dimensione, in un Eden partenopeo in cui tutte le preoccupazioni, ma anche le barriere linguistiche, sembrano sparire improvvisamente. La lingua è un mezzo di comunicazione fondamentale ma passa in secondo piano nel momento in cui ci si approccia per la prima volta all’assolo di ney, particolarissimo flauto tunisino, presente nel brano: è questo, infatti, a parlare una lingua universale.
“Marechiaro” è la traccia successiva che prende chiaramente ispirazione dall’omonimo borgo di Napoli. Accompagnato dalla voce potente di Célia Kameni, il duo tratta, in questa hit, la tematica di un amore terminato ormai arrivato al capolinea e dei ricordi di questo rapporto che lasciano aperta ancora una porta: “Pure stammatina c’a speranza e te ncuntrà, Io vaco a ffà nu giro ma nun te faie truvà”. Il francese a inizio e a metà brano, estremamente musicale, ci mostra come i ponti linguistici possano essere spezzati dalla musicalità delle diverse lingue. Gli elettricissimi sintetizzatori sul finale che vanno piano piano a scemare ricordano un po’ quell’amore descritto nel testo, prima molto forte e intenso, poi debole e fioco.
Interessante notare come alcune sonorità del duo ricordino molto alcune sigle dei telefilm degli anni ‘70, sia stranieri che non, quali “Starsy & Hutch”, “Cuore e batticuore”, “Chips”. Un’altra influenza estremamente presente è quella del primissimo Pino Daniele degli anni ‘80.
Riprendendo la nostra analisi, “Straniero” è la traccia successiva, un brano dal tono e dalla vibe leggermente diversa. Il testo non esiste, è costituito esclusivamente dalla enumeratio della parola “Straniero”, forse ripetendola ci si può sentire meno estranei ad un mondo che non ci appartiene? Il Bar Mediterraneo, in questo contesto, proprio il luogo in cui tutti possono sentirsi a casa. Si tratta di un altro brano strumentale, caratterizzato dal forte suono di un mandolino.
“Praja Magia”, invece, ci parla di Varcaturo, un villaggio vicino Napoli. Il mandolino stavolta entra in simbiosi con dei sintetizzatori e delle voci corali, la descrizione del brano è proprio quello di un villaggio. Un viaggio onirico che coinvolge tutti i sensi, ci porta nell’estate, nelle onde che ci travolgono e ci accompagnano, ci fa sentire l’odore di sale, il maltempo che arriva ma entra in contrasto con l’armonia del borgo di Varcaturo.
“Vesuvio” è la traccia seguente: nasce, in origine, come brano folk di un gruppo popolare di Pomigliano D’arco. Anche in questo caso, però, i Nu Genea non si abbandonano alla facilità di essere scontati: hanno reso dancefloor un brano della tradizione, condendolo con immagini e parole che descrivono il simbolo partenopeo per eccellenza: il Vesuvio. Il testo parla del Vesuvio come una vox media: è sia metafora di salvezza, poiché estremamente simbolico ed affascinante, che di distruzione, in quanto portatore di paura quando fa notte e fa rumore.
“Rire” è il penultimo pezzo di Bar Mediterraneo, caratterizzato dalla presenza e dalla voce del cantautore siracusano Marco Castello. È davvero funzionale abbandonarsi completamente alla routine quotidiana e dimenticare come si vive, come si ride? Ridere è importante così come prendere con leggerezza ciò che arriva, in ogni sua forma: forse l’ottimismo salverà il mondo.
“La crisi”, posto a chiusura, è il brano meno allegro, più amaro di tutto il progetto. Già dal titolo e dalle sonorità più cupe, infatti, si evince l’argomento fondamentalmente: la povertà. È una madre a parlare ai propri figli che vogliono uscire a tutti i costi: la donna li accontenta con quattro passi di fronte al mare, ma li prega di non spendere troppo. Spesso la vera felicità non è racchiusa in qualcosa di materiale, ma in una gita di fronte al mare: magari è proprio nelle cose che diamo più per scontate e che, magari, trascuriamo.
Degna di nota è anche la copertina del disco: in una sorta di quadro di Panismo, le onde del mare, i colori e la spiaggia vanno a fondersi con il pianoforte quasi a celebrare un’unione perfetta tra natura e musica. In definitiva questo album, anche dopo due anni, continua ad essere fresco, innovativo, contemporaneo: la sperimentazione di musica elettronica miscelata al napoletano e alle altre lingue rende i Nu Genea il duo più sperimentale e interessante della musica attuale italiana.
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