Paix & Funk: Recensione dell’EP di debutto di Braoboy

Scintillanti ambienti sonori riempiono l’EP di debutto del musicista bresciano. 

Review

Voto
7.2/10
Overall
7.2/10

Al secolo Emanuele Tosoni, l’autore/produttore si approccia alla musica per la prima volta a undici anni, da li in poi la musica diventa una costante nella sua crescita. Liceo musicale e poi conservatorio, viaggiano in parallelo con una grande passione per gli anni 70/80 e 90, che sono i veri protagonisti di Paix & Funk. A dirla tutta, questo non è realmente il primo progetto di Braoboy, almeno non in termini assoluti. Il musicista si butta nel settore musicale per la prima volta nel 2019, quando inizia a suonare come turnista in tutta Europa con diversi artisti e gruppi (Chiamamifaro, Elasi, Darn…). Nel 2020 inizia a esplorare l’attivtià da producer. Nel 2021 pubblica, sotto il nome di “Furamingo” il suo primo vero EP, un progetto lo-fi, e diversi remix Disco-Funk. Nello stesso anno inizia a pensare a quello che diventerà Paix & Funk.

Sotto l’ala dell’etichetta indipendente Nufabric Records (Anna Carol, Stramare, Vergine…), Braoboy ha potuto sperimentare e lavorare quanto più possibile il suono distintivo di questo EP, nonostante complicazioni iniziali date da un modo diverso della concezione del fare musica. Se pur le influenze sonore ricordino situazioni felici e giocose (non è forse questo il cuore del Funky?), Paix & Funk esplora, in realta, dinamiche molto più complesse. Lungo poco più di un quarto d’ora, Braoboy si avventura in tematiche sociali, incomunicabilità e rapporti di dipendenza affettiva, trovando spazio anche per viaggi introspettivi.

Paix & Funk

Il disco si apre con massicci pattern percussivi e sintetizzatori stratificati in Villapizzone. La traccia trasuda atmosfere vintage. Non solo dal punto di vista dei suoni, ma anche dal paesaggio descritto nel testo, che pur facendo solo da sfondo, aiuta a comprendere meglio da cosa l’artista è stato influenzato durante la stesura di questo progetto. Masaniello crea un contrasto netto fra sonorità futuristiche, electro pop e solitudine, mentre su Mayday la sezione ritmica rallenta, la voce si perde nel riverbero e quello che si crea è un tappeto perfetto per un testo che analizza le dipendenze affettive. I deboli arpeggi di Rhodes guidano una delle tracce costruite meglio in questo EP. 

Mi prendo in giro usa calde linee melodiche di Synth mentre strizza l’occhio alla scena indie italiana attuale. Sulla traccia di chiusura Cosa Cerco da Te, il cantautore si sposta verso ambienti sonori sporchi e sintetizzatori acidi, alle prese con quella che sembra essere una relazione travagliata. 


Potrebbe interessarti: Durmast

/ 5
Grazie per aver votato!
Articolo Precedente

Big Ideas: La recensione del terzo disco di Remi Wolf

Prossimo Articolo

Scream From New York, NY: recensione del disco di debutto dei Been Stellar

Latest from Recensioni