Slowdive: La recensione di “Everything is alive”

  • Slowdive – Everything is alive
  • 1 Settembre 2023
  • ℗ Dead Oceans

Ritorna lo shoegaze, e lo fa nel migliore dei modi. “Everything is Alive”, quinto album della band, nasce sotto la tempesta in cui il quintetto di Reading si è ritrovato dopo il precedente disco. La morte della madre di Goswell e del padre di Scott, avvenuta nel 2020, i fantasmi della rottura con Creation Records, un pubblico non più abituato al loro stile e i vari progetti solisti si incanalano all’interno del flusso creativo di questo disco. 

“Everything is Alive” è un flusso continuo di emozioni profonde rivestite con suoni scintillanti ed eterei. Sebbene il gruppo mantenga in parte il suo stile, questo disco viaggia verso orizzonti sonori diversi rispetto a “Slowdive”, che costituiscono il binario perfetto per tutte le esperienze vissute negli ultimi sei anni. 

Slowdive - More than a legacy band | RNZ

Il disco è capace di passare da situazioni più sporche a palette sonore eteree e pulite, colme di echi ed effetti, a supporto di lunghe e stratificate scie di sintetizzatori. 

È proprio con questi synth che si apre il disco. Con i quasi sei minuti strumentali di ‘Shanty’, la band ci introduce ad un disco che fa delle sperimentazioni sonore il suo cavallo di battaglia, rischiando non poco. La palette sonora di questo disco è azzeccata in ogni suo riverbero, o in ogni sfarfallio dei synth modulari. Il gruppo non si priva però nemmeno di canzoni più movimentate, che strizzano l’occhio ad atmosfere più pop, come nel caso di “kisses” o “alife”. Tracce che, a differenza di quasi tutte le altre, funzionano in maniera impeccabile anche se ascoltate singolarmente. 

I sussurri di Halstead si perdono tra le chitarre e i sintetizzatori eterei di “andalucia plays”, creando una atmosfera intima. In “Skin the Game”, le distorsioni incontrano batterie elettroniche, sperimentazioni lo-fi, che formano il letto perfetto su cui si adagiano le voci in questo caso estremamente processate, dei due cantanti. 

“The slab”, traccia di chiusura del disco, è un’insolita miscela di ritmi elettronici, distorsioni e progressioni orchestrali. La traccia si sgonfia e gonfia per tutta la sua durata. Le voci di Halstead e Goswell vengono schiacciate dai potenti strati di suoni, rendendo difficile la comprensione del testo, prima che la canzone scompaia nel nulla. 

Le otto tracce di “Everything is alive” creano tutte insieme un’aura di bellezza e emozioni profonde. È un disco triste, poi felice, poi ancora triste e poi grato, a volte sperimentale, altre volte più canonico, ma sempre curato nei minimi dettagli

Voto: 8.4/10

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