Sufjan Stevens Javelin

Sufjan Stevens: La recensione di “Javelin”

  • Sufjan Stevens – Javelin
  • 6 Ottobre 2023
  • ℗ Asthmatic Kitty Records

Nonostante il suo ultimo disco solista risalga al 2020, negli ultimi tre anni il musicista di Detroit, ha lavorato a altri tre progetti, prima di annunciare “Javelin”. Nell’ultimo disco, il più atteso dai tempi di “Carrie & Lowell”, Stevens riscopre una forte vena cantautoriale contaminata da suoni sperimentali. 

“Javelin” è un disco intimo, e profondo, nato da un periodo difficile in cui all’artista è stata diagnosticata una malattia autoimmune. Il background di 21 dischi in poco più di vent’anni confluisce tutto in quest’ultimo lavoro, in cui le voci sussurrate tornano ad incontrare intricate strumentali folk, per descrivere situazioni di perdita, bellezza e dolore.

Il disco nasce quasi completamente dalle mani di Stevens, con l’aiuto di Bryce Dessner dei “National”, che lavora agli arrangiamenti di chitarra. Il disco nel suo risultato finale è un collage di storie, sensazioni e atmosfere diverse, legate insieme dallo stesso filo conduttore: la perdita. Nonostante il tema della perdita sia un argomento ostico, attraverso le orchestrazioni e le sperimentazioni elettroniche o i semplici arrangiamenti di chitarra, Stevens fa di tutto per portare l’ascoltatore da un’altra parte. In una bolla di bellezza e tranquillità.

Il disco si apre con la morbida melodia di piano di “Goodbye Evergreen”, che culmina in un intricato arrangiamento di suoni sperimentali. Pattern strumentali e cori guidano le parole d’addio di Stevens. Nel fingerpicking di “A Running Start”, l’artista ritorna ad atmosfere più vecchie e semplici. La semplicità di questa traccia non trattiene Sufjan dall’entrare dentro il cuore dell’ascoltatore per poi spezzarlo. ‘Qualcuno mi amerà mai?’ chiede nella midtempo “Will Anybody Ever Love Me?”. La traccia è composta da un insieme di linee melodiche di strumenti tradizionali, che torna, ancora una volta, a sonorità che Stevens aveva abbandonato da tempo. 

La palette sonora “limitata” sembra non avere molta importanza nella stesura di questo disco, in cui il cantautore riesce comunque a trovare spunti interessanti, come nel caso di “So You Are Tired” e “My Red Little Fox”. In entrambe le tracce, Stevens ripone la sua fiducia artistica nei morbidi accenti di pianoforte. La title-track è la dimostrazione che la complessità di questo disco non risiede negli arrangiamenti sfarzosi, ma nelle tematiche dei testi. In poco meno di due minuti l’artista analizza la solitudine causata dalla morte di un suo caro. 

“There’s a World”, celebre canzone del più grande disco di Neil Young, fa calare il sipario su uno dei migliori lavori di Sufjan. Sotto la superfice di Javelin si nascondono dinamiche di vita piuttosto complicate, dubbi esistenziali e domande a cui, probabilmente, nessuno mai saprà rispondere.

Voto: 8.2/10

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