Accompany

Michael Nau: La recensione di “Accompany”

  • Michael Nau – Accompany
  • 8 dicembre 2023
  • ℗ Karma Chief Records [Colemine Records]

Il nuovo disco del cantautore del Maryland è un viaggio in compagnia di folk e psichedelia, verso immense distese popolate da sonorità vintage e malinconia. Dopo il debutto solista, nel 2015, Nau ha tirato fuori 4 progetti che, nonostante mettessero in luce un’incredibile dote, sotto tutti i punti di vista, per un motivo o per l’altro, mostravano dei punti deboli. Felice di dire che “Accompany”, quinto disco, non è uno di questi. Nato senza alcuna pretesa, l’album, è l’anagramma di semplicità, nessuna ricerca ostinata di suoni sperimentali, o arrangiamenti intricati. Atmosfere organiche, spesso create registrando l’intero gruppo in presa diretta (e su nastro), gonfiano e sgonfiano i suoni a seconda dei sentimenti raccontati nelle 11 tracce. La voce di Nau danza in maniera quasi dolorosa tra sorrisi e lacrime. 

Il titolo del disco incarna perfettamente quello che Nau vuole da questo disco. “A te che ascolti. Non cercare tecnicismi inutili o suoni ricercati. Non serve. Devi solo fidarti”. E se ti fidi di Nau e ascolti “Accompany” con la stessa mentalità con cui è stato creato ciò che troverai al suo interno sarà oro. Devi solo lasciarti guidare.

Accompany

Prenotati degli studi a Richmond, in Virginia, Nau si è circondato di una band da sogno. Matt Davidson alla pedal steel, Seth Kauffman alle percussioni, Ken Woodward al basso e Will Brown agli organi. Con Adrian Olsen in cabina di regia, sono riusciti a creare un disco brillante, caldo, con arrangiamenti semplici e profondi. 

Ad aprire le danze è “Sharp Diamonds”, una traccia leggera. Lo strato più profondo, creato da basso e batteria, fa da base per i suoni sognanti della lap steel di Davidson. Nessuno cerca di stare sopra nessuno, nemmeno la voce di Nau, che si perde perfettamente fra gli altri strumenti, mentre crescono e si uniscono a “Painting a Wall”. La seconda traccia è sicuramente più nitida rispetto all’apertura. Le melodie hanno un’impronta più spensierata, ma la voce di Michael, mantiene comunque una vena malinconica. “Tini Flakes”, ispirata ad una vacanza di famiglia è la prima traccia veramente importante di questo disco. Gli strati di suoni, nascondono delle progressioni di accordi quasi incredibili. La traccia è più gonfia, accetta sezioni orchestrali, in grado di fondersi perfettamente con le melodie dell’organo e i suoni ambientali dei Synth. 

“Shiftshaping” è la canzone che potrebbe meglio descrivere le intenzioni di questo disco. Solo il titolo dice tutto. I suoni tornano a sfocarsi, a tratti si sporcano persino, ma quello che davvero attira l’attenzione di questa traccia è la voce di Nau. Questa volta si concede dei momenti per sovrastare la strumentale. Lo fa con linee vocali mai cercate fino a questo momento. La chitarra twangy di “And So On” ti catapulta in un’atmosfera degna di un viaggio per le strade dell’entroterra americano, sensazione che la Nau e soci rievocheranno, anche se con suoni diversi, soltanto un’altra volta in questo disco, con “Relearn to Boogie”. 

“One Morning in Vibrato” è profondo, le orchestrazioni prendono il controllo della traccia, avvolgendo perfettamente la voce di Nau. “Accompainment” è l’altra traccia chiave di quest’album. La melodia, distribuita sulle percussioni spazzolate è squillante e in netto contrasto con la voce di Michael. Eppure, la traccia appare “colorata” e ricca di calore, come probabilmente nessuna delle precedenti 7 ha fatto fino a questo momento. 

“Comes to Pour” e la chiusura del disco, “Long Distance Driver”, sono più scarne, orchestrazioni e stratificazioni sonore, lasciano spazio al cuore di queste due canzoni. Piano, batteria e voci. 

Il disco si chiude in realtà con la Bonus Track, “Last I Looked”. Una traccia intrisa di riverbero, dove gli arpeggi squillanti di chitarra contribuiscono a creare una sensazione sognante, che svanisce man mano che l’album volge al termine. 

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