Ambient

Jaufenpass: La recensione di “Cloud’s Eye”

  • Cloud’s Eye – Jaufenpass
  • 8 Dicembre 2023
  • ℗ Shimmer Moods Records

Uno sguardo al cielo. Un viaggio sonoro in bilico tra semplice e complesso. Uno spaccato di realtà in cui la natura e la tecnologia riescono a coesistere insieme. Si potrebbe andare avanti ancora per ore per descrivere il disco di debutto di “Jaufenpass”.  In “Cloud’s Eye” elettronica e ambient trovano l’armonia per convivere perfettamente, creando un ambiente onirico ricco di loop processati e riprocessati, suoni ambientali, stratificazioni e palette organiche. “È il viaggio che esplora la bellezza delle nuvole e la complessità del cloud computing”, è la spiegazione che da l’artista sul progetto.

Il modo con cui si potrebbe quindi definire “Cloud’s Eye”, altro non è che, il contrasto tra ciò che riteniamo semplice (la natura, le emozioni) e ciò che invece ci sembra essere complesso. È quest’ultimo che riesce ad avere lo spunto più interessante sul disco. La complessità dipinta attraverso loop elaborati, che simboleggiano la costante evoluzione, ripetitività della vita moderna e familiarità.

Tra i droni e i loop, l’artista trova spazio per strizzare l’occhio ai glitch, come nel caso della traccia di apertura “Cloud#1” o “ricordo#1”, dove tra i suoni ambientali e sensazioni sonore vagamente assomigliabili a quelle della pioggia, trova spazio per strutture di rumori. “Cloud’s Eye” non perde occasione per dare la giusta importanza anche alla melodia. Lo fa con “Le Murier Noir”, una traccia da sei minuti, ricca di sonorità sci-fi, in cui sulle strutture di droni, Jaufenpass sviluppa un groviglio di melodie capaci di aprire la traccia, prima che i glitch prendano nuovamente il soppravvento.

In “Ricordo#2” la complessità sembra svanire, si ritorna nuovamente alla semplicità delle nuvole, con soffici melodie di synth. “Legér” è una delle tracce più emozionanti, i loop lavorati ricreano una sensazione di crescente tensione che si abbandona ai suoni della natura di “Cloud#3”. La chiusura “Paranoie/Altra” ritorna alle sensazioni descritte all’inizio del disco, ma la semplicità si paralizza sul finale, quando i loop si velocizzano, chiudendo di fatto Cloud’s Eye.

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BBIIAANNCCOO: La recensione di “Habitat”

  • BBIIAANNCCOO – Habitat
  • 17 Novembre 2023
  • ℗ TENREC

Il primo progetto da solista del musicista/produttore Davide Bianchera, membro dei Baobab Romeo fa svolazzare intricate stratificazioni sonore, in ambientazioni minimali. 

“Habitat” nasce dall’influenza di tre romanzi: “La Parete” di Marlen Haushofer, “Correzione” di Thomas Bernhard e “Minotauro” di Friedrich Durrenmatt. Nonostante le storie siano tutte diverse fra di loro, un unico filo conduttore riesce a tenerle in piedi nell’ambientazione del disco. Le azioni e la vita di ogni personaggio sono estremamente condizionate dall’ambiente in cui vivono. 

È probabilmente uno dei pensieri più antichi del mondo, eppure trova lo spazio perfetto nei 14 minuti di questo disco. Ogni traccia è un richiamo ad uno dei tre libri, artwork compresa, che richiama “Correzione” di Bernahard. La copertina del disco rappresenta in maniera perfetta le atmosfere sviluppate al suo interno, con minimali sonorità costituite da loop station, campioni ed elettronica sperimentale. 

Ogni traccia appare semplice, ma più ci si addentra, più inizia a complicarsi, a partire da quella di apertura. 

“Vetro” è caratterizzata da suoni stridenti, granulosi, sezioni di loop sembrano susseguirsi in maniera disordinata su cupe e ridondanti sezioni di ottoni. Ma ecco che ad un certo punto ogni consa sembra trovare il suo spazio, guidata dalla corposa melodia del basso elettrico. La traccia rimane fredda, quasi asettica, una visione che sembra, ad eccezione della seconda traccia, susseguirsi per tutto “Habitat”. 

“Labirinto” è l’unica traccia in cui le emozioni prendono forma. È oscura, inquietante, i droni si mescolano a suoni metallici e sezioni di loop che quasi somigliano a dei sussurri. A livello di arrangiamento, non arriva mai un crescendo emotivo, la traccia rimane in bilico mantenendo una costante sensazione di tensione ed inquietudine. 

“Cono” pare essere la traccia più “libera” e in un certo senso quella più melodica. Si sviluppa su registrazioni ambientali. Tra i suoni della natura crescono le stratificazioni sonore, a partire dai droni fino ad arrivare a campionamenti che ricordano lo scorrere dell’acqua e lo squillo di un telefono. 

Tutto il progetto è dannatamente cupo, ansioso, ogni eco, ogni trillo non fa altro che accrescere una costante sensazione di inquietudine. 

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