Blood

The Howling Orchestra: La recensione di “Blood”

  • The Howling Orchestra – Blood
  • 23 Febbraio 2024
  • Goddess Recordings

L’alt-rock di stampo anni ’90 abbraccia un folk oscuro nel secondo disco della band in quattro anni. 

Quella dei The Howlin Orchestra, è una storia oramai conosciuta nel mondo del rock underground, tanto da poterle affibbiare l’appellativo di “standard”. Il gruppo, formato da Matteo perego (voce e chitarra acustica), Paolo Fusini (chitarra elettrica), Stefano Locatelli (Chitarra Acustica e Voce), Valentino Novelli (basso) e Benny Brezzolari (batteria), si è formato in una notte d’estate del 2018. I vari componenti della band non erano di certo nuovi all’ambiente musicale. Mentre Perego era già attivo con il suo progetto solista (In The Howling Storm), gli altri elementi militavano all’interno di formazioni diverse, Gea nel caso di Locatelli e Brezzolari, Spread nel caso di Fusini e Novelli.

Ascolta “Blood” nella nostra playlist ‘Underground Italia’

Le cifre stilistiche, appartenenti agli ambienti più disparati, dal grunge allo shoegaze, dei cinque membri, creano un’ottima coesione di fondo in questo disco. In “Spirituals”, debutto del 2020, l’orchestra ululante era approdata verso sonorità folk rock alla White Buffalo, degne delle più ridenti cittadine degli stati americani del sud. Oggi, dopo quattro anni e un tour da spalla ai Verdena, la musica è cambiata. E in un certo senso anche la band. 

The Howling Orchestra, sembra aver puntato il piede sull’acceleratore, e dato una bella spinta alle distorsioni, creando un ambiente oscuro, ruvido e, sotto certi punti di vista, più ricco di sperimentazioni. 

Il cambio di direzione non arriva immediatamente. La traccia di apertura del disco, seppur, metta sul tavolo ambientazioni più scure, mantiene lo scheletro del disco precedente. Con “Tylenol” la questione è ben diversa. Le voci si ingrossano, spuntano distorsioni più presenti e i ritmi si velocizzano. Modus operandi che il quintetto mantiene anche in tracce come “Talkbreathing”, “Dead of Night” e, anche se in maniera più contenuta, nella chiusura “Red Like Blood”. Ci sono momenti più delicati, in cui la band sfrutta in maniera più massiccia palette sonore acustiche. Ne sono un esempio “Boxing Days” o “N4_B”. Trovano spazio anche per piccole porzioni sperimentali, nelle chitarre effettate di “Choke”, o negli slide di “Stain Boy”, che sembrano trasformarsi in droni sintetizzati.

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