Funk

Off The Wall: L’album d’oro della Disco Music al tramonto della Disco Music

  • Michael Jackson – Off the Wall
  • 10 Luglio 1979
  • ℗ Epic / MJJ Productions

Life ain’t so bad at all / If you live it Off The Wall

Al suo ventunesimo anno di età, quella che sarebbe diventata una delle icone pop più grandi di tutti i tempi, aveva più anni di carriera di molti altri musicisti. E non era una cosa positiva. Per il bambino prodigio di Gary, le luci dei riflettori sono sempre state più un male che un bene e, complice un padre fin troppo severo e esigente, Michael Jackson non ha mai vissuto la tenera età come tutti gli esseri umani meriterebbero. Questo è forse il primo punto che rende il suo quinto disco così incredibile. Off The Wall è da considerare a tutti gli effetti come un secondo debutto per Jackson. Un secondo debutto in cui tirare fuori tutto sé stesso, celebrare la vita e la voglia di divertimento che solo in giovane età si ha. Quale genere migliore per esprimere questo concetto se non la Disco Music

Off The Wall arriva apparentemente nel momento sbagliato e sembra proprio non interessarsene minimamente. Esce in commercio il 10 Luglio del 1979, appena due giorni prima che il mondo decretasse la fine del genere. Con la Disco Demolition Night, un evento in cui, in uno stadio di baseball, vennero demoliti migliaia di dischi, al culmine di un movimento reazionario contro la Disco Music. Off The Wall procede a passo spedito, scala le classifiche, entra nei cuori di qualsiasi ascoltatore e fa capire al mondo che l’ultimo ad avere la parola prima del tracollo del genere è Michael Jackson.

Per quello che diventerà il Re Del Pop, questo disco è un processo di transizione di 42 minuti da prodigio dei Jackson 5 a icona mondiale. Per comprendere meglio il disco, forse bisognerebbe fare qualche passo indietro, più precisamente all’estate del 1976. I fratelli Jackson disegnano sulla CBS un mondo fatto di luci abbaglianti, costumi e stravaganza, che debutterà col nome di The Jacksons. Quel programma cucirà su Michael un personaggio complicato da scrollarsi di dosso, ed è molto difficile far vedere davvero chi sei, se il mondo rimane avvinghiato ad un’immagine di te completamente distorta e “abbagliata dai flash”. Con Off The Wall, Jackson disegnerà un nuovo artista a 360 gradi. Look nuovo, personaggio nuovo e, in un modo o nell’altro, una persona nuova. 

off the wall

L’idea del disco ha iniziato a prendere forma nella testa di Michael a New York, durante le riprese di The Wiz, nel 1978. In quel periodo, la Grande Mela era un costante via vai di artisti e personalità di spicco del mondo dello spettacolo, che il Michael ventenne ha attirato (o da cui è stato attirato) come una calamita. Ben distante da quelle atmosfere stile “Sesso, Droga e Rock N’ Roll”, si è limitato ad assimilare quanto più l’ambiente era disposto ad offrirgli, per trasformarlo in un’istantanea perfetta dell’epoca simbolo di stravaganza e eccessi.

Durante le riprese del film, il giovane Jackson non si diverte solo, ma fa anche parecchie conoscenze. E una di queste gli cambierà la vita. Ha un curriculum chilometrico, va da Dizzy Gillespie a Frank Sinatra, e il suo nome e Quincy Jones. Quando l’idea del disco iniziò a concretizzarsi, il dinamico duo non voleva solo un album che permettesse a Jackson di affermarsi artisticamente, volevano il miglior album di Disco Music mai prodotto. A distanza di 45 anni dalla sua uscita, possiamo dire che ci sono riusciti. Q e Michael ascoltarono un totale di circa 800 demo, prima di scegliere le dieci tracce di Off The Wall.

Fatto il pieno di alcuni dei musicisti migliori che la scena musicale del tempo potesse offrire, prenotarono gli studi. Il disco è stato lavorato fra gli Allen Zentz Recoding Studios, i Westlake e i Cherokee. L’El Dorado della produzione musicale, dotato di alcune delle apparecchiature più avanzate dell’epoca. Dentro questi veri e propri templi della musica, la raffinatezza delle produzioni di Jones e la creatività di Michael diventarono un tutt’uno. Dentro l’apparente involucro Disco di Off The Wall, si incrociano Jazz, R&B e Funk, sorrette da riff scoppiettanti, orchestrazioni e sezioni ritmiche incalzanti. Il mix tra elementi acustici e i primi elementi elettronici crea un sound riconoscibile alla prima nota e incredibilmente fresco, almeno per l’epoca. Ricordiamoci sempre che siamo nel 1978. 

Il disco si apre con i sussurri di Jackson che si trasformano in falsetti, in Don’t Stop ‘Til You Get Enough. Il groove irresistibile e i suoni scintillanti delle sezioni di ottoni hanno catapultato il brano ai vertici delle classifiche. Rock With You è un’altra punta di diamante. La traccia simbolo della Disco Music, che ancora oggi è una lezione di come si scrive musica per il dancefloor. Scritta da Rod Temperton, è uno dei brani più iconici della discografia di Michael Jackson. I morbidi tocchi di piano avvolgono perfettamente le voci in una produzione in cui il muro portante è affidato ad una sezione ritmica magistrale. Con Working Day and Night si creano alcune delle strutture vocali che faranno da cifra stilistica per il Michael degli anni ’80. Versetti, armonie e linee melodiche incredibilmente dinamiche si fondono ai riff funky, in una delle tracce più movimentate del disco. 

Co-scritta con Louis Johnson, Get on the Floor è un inno alla danza. Jackson mette da parte le sperimentazioni delle prime tracce dell’album e si concentra sull’obbiettivo iniziale: La Disco. La title-track è qualcosa di magico. Scritta ancora una volta da Rod Temperton, celebra la libertà e la voglia di divertirsi, di cui l’artista si era innamorato durante la sua permanenza tra i club di New York City. La produzione raffinata fa da trampolino di lancio per un performance vocale di Michael Jackson che va oltre tutto ciò a cui eravamo stati abituati fino a quel momento.

Paul McCartney firma Girlfriend. Il pop di ieri e il pop di oggi (ovviamente si parla sempre del 1978) inchiodano la spensieratezza in una traccia allegra e giocosa, prima di entrare in contatto con un’altra punta di diamante di questo disco. She’s Out Of My Life è una bomba emotiva a cui non eri abituato. Vista l’euforia delle tracce precedenti, arrivato a questo punto resti come spiazzato, e forse è per questo che l’impatto è così forte. La straziante fine di una relazione in un’interpretazione impeccabile di Jackson, che trasuda vulnerabilità e malinconia come mai fino a quel momento. Il Brano si trasforma in un secondo l’apice più toccante di Off The Wall.

Stivie Wonder e Susaye Green lasciano il loro nome sul mix perfetto fra Jazz e Pop. Il modo in cui gli strati di sintetizzatore si incrociano alle ritmiche e ai soffici glissando di Rhodes in I Can’t Help It, mostrano la grande versatilità di Jackson, mentre gli archi ci portano verso la fine del disco. It’s the Falling in Love, vede il ragazzo di Gary intento a duettare con Patti Austin, in una traccia rilassata, dagli spunti funky delle chitarre effettate alle armonie vocali. La chiusura del disco è una sentenza. Con Burn This Disco Out Jackson invita il mondo a ballare finché non esaurisce le forze e, su un groove irresistibile, decreta la fine dell’era Disco. 

Se c’è stato un momento in cui Michael Jackson, Mj, o qualunque sia il modo in cui vogliate chiamarlo è stato semplicemente Michael è questo. Per questi 42 minuti tutto quello che è stato prima: i Jackson 5, un padre che l’ha cresciuto come un prodotto da vendere; Tutto quello che è stato dopo: Thriller, Il Re Del Pop, le controversie e le battaglie legali, sono nulla. Questo è il momento in cui, più di tutti, Michael Jackson è stato semplicemente Michael.

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Tuesday Music Revival: Frank Ocean – Channel Orange

  • Frank Ocean – Channel Orange
  • 10 luglio 2012
  • ℗ The Island Def Jam Music Group

Aveva attirato parecchia attenzione su di sé circa un anno prima, quando aveva preso parte alla lista di featuring di Watch The Throne, di Kanye e JAY-Z. Sembrava essere piaciuto parecchio ai due colossi del rap game, tant’è che gli avevano lasciato spazio addirittura in due tracce. Una cosa piuttosto insolita per un artista emergente. A meno che tu non sia Frank Ocean, ma questo noi ascoltatori lo abbiamo capito solo dopo, più o meno nello stesso momento in cui abbiamo realizzato che era la stessa persona dietro John Legend, Alicia Keys, Beyoncé. La lista continua, ma focalizziamoci su “Channel Orange”.

Quello che rende straordinario Channel Orange è il modo in cui racconta una realtà perfettamente ordinaria. Il quadro di questo disco raffigura un’America frenetica, quella degli spot televisivi, traffico e videogiochi, popolata dai reietti della società. Ricchi e Infelici, Drogati e Signori della Droga, Prostitute e Papponi, al centro Christopher (Frank Ocean). Quello che di solito ci si aspetta da progetti di questo tipo, è un’aura di cupezza che parte dalla melodia e si insinua fino all’ultima parola dei testi. Ma qui è diverso. Quello fra Musica e Lyrics è il contrasto più evidente di Channel Orange.

Eliminati i testi, le melodie sarebbero la cornice perfetta per una giornata al mare, o una grigliata di metà estate. Groove elettrizzanti in cui il funky e l’R&B diventano un tutt’uno. Poi arrivano i testi e il panorama si stravolge. Ocean non ha bisogno di ridare a qualcuno quello che sta raccontando, questo si traduce in una narrazione incredibile in cui la performance vocale dell’artista californiano tocca livelli altissimi. 

Ad aprire il disco è una traccia di poco meno di un minuto. Sembra l’attimo in cui stai per accendere il tuo videogioco preferito, prima che i suoni a 8 bit si convertano nei sintetizzatori filtrati di “Thinkin Bout You”, la traccia cardine di questo progetto. Sopra i ritmi cadenzati di cassa e clap, Ocean passa da cifre stilistiche che strizzano l’occhio al rap ai falsetti del ritornello. Poi di nuovo quaranta secondi di pausa. “Fertilizer” appare come uno spot pubblicitario e, mentre cambi canale, finisci in “Sierra Leone”. Un sogno lucido su un giovane che ha messo incinta una ragazza. I sottili arpeggi di Rhodes di “Sweet Life” esplodono in un vortice di Soul, mentre la voce di Ocean analizza quanto e in che modo la troppa ricchezza ci renda insensibili ai problemi del resto del mondo. 

Channel Orange

In Super Rich Kids, ritorna sul concetto di ricchezza, che diverrà uno dei punti fondamentali di questo disco. La traccia ha un’atmosfera luccicante, mentre la virata verso l’hiphop da parte di Ocean si fa più evidente. Più avanti, con “Lost”, diventerà sempre più evidente quanto sia importante mettere in luce le tensioni e i divari tra le classi sociali.

Ne è un esempio forse perfetto “Crack Rock”. Quello è il punto in cui l’intento del disco tocca il suo picco. Seppur a livello melodico sia una traccia che mette un’irrefrenabile voglia di danzare, il suo testo è molto di più. È uno spaccato di vita nel bel mezzo del nulla. Un paesello del centro America. È la storia di un tossico dipendente assuefatto dal crack. Ha perso qualsiasi cosa, è diventato un reietto della società, e nemmeno la sua famiglia ora lo supporta più. È forse la traccia più evocativa di questo disco. Per Ocean, le storie di queste persone sono importanti, forse più di quelle dei “Bambini Ricchi”. 

Nei quasi dieci minuti di “Pyramids” l’R&B gioca con il pop elettronico stile “Graduation” che in quel periodo viveva ancora il suo periodo migliore. Se “Crack Rock” aveva il testo più evocativo, “Pyramids” ha la composizione migliore. Assoli di chitarra di John Mayer, Vocoder, stratificazioni di sintetizzatori, cambi di stile. Ha tutto. “Bad Religion” è forse l’unica traccia che a livello di immaginario collettivo potrebbe rispecchiare la “pesantezza” degli argomenti trattati nel disco. È una balld in cui questa volta il protagonista è il dolore. Il dolore di un amore non corrisposto. Con l’organo di “Bad Religion” i toni del disco si raffreddano. In “Pink Matter”, con Andre3000, il rap trova l’incastro perfetto per completare la traccia, diventando a tutti gli effetti il suo punto forte. 

“Forrest Gump” è un’altra lucente composizione con l’amore al centro della storia. La traccia sfocia in un outro dai tratti particolari. Qui forse è l’unico momento in cui questo disco fa uscire degli attimi di cupezza. È una conversazione in macchina, con la radio accesa. Poi le voci si sfocano. Qualcuno apre la portiera. E va via. Torna a casa, accende quello che sembra un registratore, ma il disco è finito.

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