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Janet Jackson: la recensione di “Control”

  • Janet Jackson – Control
  • 4 Febbraio 1986
  • ℗ 1986 A&M Records

Control è il nome dell’album che nel 1986 permise a Janet Jackson, sorella minore di Michael Jackson e ultimogenita della famiglia, di farsi largo nel mondo della musica.

Cantautrice, ballerina, compositrice e persino attrice, Janet è una donna da mille talenti e proprio per mezzo delle sue qualità – grazie agli album Rhythm Nation 1814, Janet, The Velvet Rope e All for You – ha ottenuto grande successo a livello mondiale negli anni ’80 e ’90, divenendo figura di spicco per il suo stile provocatorio, gli show innovativi così come i videoclip, ma soprattutto grazie agli alti numeri di vendita: più di 100 milioni di dischi venduti nei suoi trent’anni di carriera, dagli anni ’80 fino a quelli più recenti del 2000.

Il fulcro di Control è il potente desiderio di indipendenza della cantante statunitense, espresso attraverso sonorità dance-pop distribuite in 9 tracce prodotte da Jimmy Jam e Terry Lewis.

Janet Jackson

La prima porta il nome dell’intero disco ed è il riassunto di tutto ciò che è racchiuso nell’album, sia per il sound che per il tema centrale. Il “controllo” è una dichiarazione di voglia di indipendenza che la cantante urla al mondo esterno, dove lo stile canoro e i bassi rimandano in parte a quello che era anche lo stile del fratello Michael. “Questa è una storia di controllo” dice Janet Jackson nell’intro, per poi sottolineare “del MIO controllo”.

Il disco procede con Nasty, seconda traccia che si apre con la frase “gimme a beat” ed introduce uno stile aggressivo, provocante, attraente. “Il mio nome non è piccola / è Janet / Miss Jackson se sei cattivo” frase che ritrae la cantautrice come una donna richiedente rispetto, ma che al tempo stesso si diverte a giocare a fare la cattiva, purché sottostando alle sue condizioni.

What Have You Done For Me Lately è il primo singolo estratto dall’album. Il ritmo coinvolge e trascina dentro l’ascoltatore, il modo di cantare di Janet appare sicuro e mai titubante. Insomma, nonostante il pezzo sia stato un’aggiunta tardiva, basta ascoltarlo una prima volta per capire il motivo di tanto successo. È certamente stata una decisione vincente.

La quarta è una delle due tracce che non fu pubblicata come singolo e porta il nome di You Can Be Mine. Il sound funky ricorda quello tipico di Prince, sopra il quale la Jackson canta con maggiore dolcezza rispetto alle tre canzoni precedenti ma pur sempre rivendicando la sua posizione di potere. “Puoi essere mio” dice la cantante, ma impone una condizione: “se fai il bravo”.

In The Pleasure Principle, Janet Jackson abbandona il suo amato spiegandogli che deve andarsene poiché ha realizzato che ciò che lei considerava essere vera felicità in realtà era solo un modo per dare sfogo al suo piacere. Seppur in maniera velata, anche qua c’è un gran richiamo al concetto di controllo. Janet scappa nel momento in cui si rende conto di star perdendo le staffe, di non riuscire più a controllare quella relazione e quindi mette in atto una fuga in taxi che la illude di avere potere decisionale, di star controllando le sue azioni ma soprattutto i suoi sentimenti.

Il sentimento di amore travolgente che si era fatto spazio nella traccia precedente prende piede in When I Think Of You, dove la Jackson dimostra che anche le donne indipendenti a volte si perdono per amore, un sentimento troppo forte da contrastare. È un brano pop esuberante, con una chitarra funky e una voce sognante che enfatizza la sensazione da “farfalle nello stomaco” tipica dell’innamoramento.

He Doesn’t Even Know I’m Alive è la canzone più sbagliata del disco. Su una dolce melodia dance è stato scritto un testo che parla di una ragazza timida alle prese con la sua cotta adolescenziale. Al contrario di tutte le altre tracce in cui si parla di forza femminile e voglia di controllo, qua fuoriesce la figura di una ragazzina che non sa affrontare il suo amore poiché i suoi sentimenti sono talmente potenti che diventano difficili da gestire. Niente aggressività, solo un senso di tenerezza.

Janet Jackson, canzone dopo canzone, raggiunge un grado di consapevolezza sempre più alto che quasi culmina in Let’s Wait A While. Qui dice “c’è qualcosa che vorrei dirti” e continua “non è che non voglio amarti, è che voglio andarci piano”. In questa emozionante ballad fuoriesce il pieno controllo di se stessa, della donna che è, ma costruito attorno ad una dolcezza e ad una vulnerabilità disarmanti. La cantautrice capisce che può controllare ciò che la circonda e ciò che prova mostrando anche il suo lato più sensibile.

Questo primo album di successo della Jackson si chiude con Funny How Time Flies (When You’re Having Fun), il pezzo più sensuale del disco. Se fino a qualche canzone fa non vedeva l’ora di scappare da quel vortice di sentimenti che non era in grado di controllare, adesso la cantante si ritrova costretta ad andarsene dopo una lunga notte passata col suo amato. “Come vola il tempo quando ci si diverte” dice mentre controvoglia deve lasciare il suo letto. Un letto in cui vive quell’amore che un tempo la spaventava ma del quale, adesso, sente di avere pieno controllo.

Che poi diciamoci la verità: non si può avere pieno controllo di un sentimento tanto bello quanto travolgente, ma forse è stato proprio attraverso la crescita emotiva vissuta in Control che Janet Jackson ha capito che è giusto anche che sia così.

Voto: 9.5/10

/ 5
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Kali Uchis: La recensione di “Red Moon in Venus”

  • Kali Uchis – Red Moon in Venus
  • 3 Marzo 2023
  • ℗ Geffen Records

Prova superata a pieni voti per il terzo disco della cantante statunitense di origini sudamericane. Le sperimentazioni funk, R&B e Bossa Nova degli album precedenti confluiscono tutte in “Red Moon in Venus”, è il secondo album della Uchis ad essere quasi completamente in inglese. Tra suoni e arrangiamenti esotici, curati da una lunga lista di producers, da Rodney Jerkins, conosciuto anche come “Darkchild” (Michael Jackson, Spice Girls, Beyoncé), a Benny Blanco (Ed Sheeran, Kanye West, Camila Cabello), si sviluppano testi che parlano d’amore, in tutte le sue forme con un’aura astrologica, come sottolinea il titolo stesso del disco. 

In “in My Garden…”, introduzione di pochi secondi, ci troviamo di fronte a suoni esotici, uccelli e un piano elettrico. La prima traccia effettiva di questo disco è “I Wish you Roses”, ritmi rallentati e linee melodiche calde e leggere. “Worth the Wait” con Omar Apollo, mischia drum machine e suoni percussivi a sensazioni tra il funk e l’R&B degli anni ’90. “Love Between…” prosegue sulle atmosfere funky, ma quello che caratterizza tutto l’album è proprio la contrapposizione fra generi che viaggiano a velocità diverse. “All Mine” molto essenziale, il ritmo lo detta la linea melodica di basso. 

“Fantasy” con Don Toliver contamina il genere predominante del disco con elementi afropop, generando una traccia sensuale. “Como Te Quiero Yo” e “Hasta Cuando” è la prima delle tre tracce per la maggior parte in spagnolo. I vocalizzi e le sensuali atmosfere rievocano sfaccettature più tristi, che raccontano della sofferenza legata all’amore. In “Endlessly”, prodotta da Darkchild, si torna verso un groove funky, in cui le sezioni di ottoni lasciano spazio a sintetizzatori analogici. “Deserve Me” con Summer Walker e “Moral Conscience”, introducono elementi trap, i testi parlano di consapevolezza e relazioni tossiche.

L’interludio “Not Too Late” spicca una ritmica Hip-Hop old school all’interno di una traccia profondamente R&B. “Blue” richiama strumenti tradizionali, si può sentire una tuba e un mandolino, tra le ritmiche serrate e i synth, mentre tra gli elementi di astrologia del testo di “Moonlight” la cantante si diverte in frasi come: “Voglio solo sballarmi con il mio amante. “Happy Now” affronta il perdono, per essere felice e continuare ad essere innamorata. 

Voto: 8/10

/ 5
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