intervista

Karry G: Qualche domanda alla DJ e Producer Ucraina

Spesso non ci soffermiamo mai ad ascoltare ciò che le terre dell’est propongono in ambito musicale. Forse perché non siamo abituati a certe tipologie di suoni, o per un pregiudizio. Eppure anche quel lato di mondo spesso sforna artisti molto interessanti. Questo è il turno di Karry G. La Dj e Producer, nata in Crimea nel 1990, ha iniziato a muovere i primi passi nella musica molto presto, con lo studio del pianoforte. Il punto di svolta arriva però nel momento in cui entra in contatto con la musica elettronica, internazionale e non. 

Abbiamo avuto modo di fare qualche domanda all’artista. 

È passato quasi un anno dal tuo primo singolo e hai creato una buona fanbase. Come sei cambiata a livello personale e come è cambiata la tua percezione sul mondo?

Sono sicuramente più concentrata, la musica, soprattutto quando hai concerti e serate ti porta via molto tempo. Ho anche una responsabilità verso il mio team. Non posso deluderli. Continuo il mio percorso di crescita sia a livello personale che professionale, ad esempio, ora stiamo lavorando per creare una mia immagine a livello globale. È come iniziare tutto da capo. Ma è molto stimolante.

Oltre al suono, punti molto anche sull’aspetto. Creare un’atmosfera giusta sembra una cosa molto importante per te. Come si sviluppa questo lato del tuo lavoro?

Ho una stilista nel mio team, Aisha Mileyskaya, che si occupa di tutto. Mi conosce bene, sa cosa mi piace e non mi piace e cosa potrebbe funzionare meglio a livello visivo. Ha un ottimo senso della moda e crea abiti straordinari che calzano a pennello con le mie esibizioni. È una cosa molto importante, perché è uno dei punti chiave della mia immagine come artista. 

Tra le tue influenze all’inizio di questo percorso ci sono personaggi come Armin van Buuren. Oggi cosa stai ascoltando? 

È sempre difficile trovare un genere in particolare. Dipende molto dall’umore. Se guardassi alla mia playlist mi piace spaziare. Passo dalla Lounge al pop a brani da discoteca. 

Ad oggi sono già uscite diverse tracce. L’ultimo singolo “Spectrum” è uscito quasi due settimane fa. Hai riscosso un ottimo successo, soprattutto considerando che sei all’inizio della tua carriera. Come vieni vista nel tuo paese d’origine? Cioè c’è un sentimento diverso rispetto all’estero. 

Bene o male tutte le uscite hanno portato ottimi risultati e continuo a ricevere ottimi feedback dalla fanbase che sono riuscita a creare fino ad ora. 

Ultima domanda. La stagione estiva è forse quella più impegnativa per chi fa il tuo lavoro. Quali programmi hai?

Per il momento mi limito a dire che stiamo lavorando su nuova musica e stiamo preparando davvero tanti contenuti. Restate in allerta perché arriveranno nuovi suoni freschissimi.


Potrebbe interessarti: Nia Archives

/ 5
Grazie per aver votato!

About Time: L’intervista a Sara Curly

“Romantico, autentico e cazzuto”. È così che l’artista Sara Curlydescrive il suo EP di debutto “About Time”, in uscita questo venerdì, che segna l’inizio del grande viaggio della cantautrice. Abbiamo conosciuto Sara Curly con il suo singolo di debutto “Just the Four of Us”, uscito lo scorso luglio. A due mesi di distanza e un ulteriore singolo di mezzo, abbiamo fatto qualche domanda all’artista, per scoprire dove nascono le sue canzoni, la sua visione sulla musica e il suo futuro come artista.

Chi è, e come nasce il progetto Sara Curly?

Sara Curly, nome d’arte di Sara Carli Ballola, è una ragazza che inizia a cantare quasi nello stesso momento in cui inizia a parlare. La presenza di un padre bassista per passione e amante della musica blues e soul ha fatto sì che crescessi fin da piccola con i grandi della black music (e non solo) nelle orecchie, James Brown, Stevie Wonder, Tracy Chapman, Eric Clapton, ecc. All’età di 6 anni avevo un poster di Tina Turner appeso in camera e a 9 ho iniziato a suonare la chitarra.

Il canto, quello c’è sempre stato. Ho “messo in pausa” la musica negli anni dell’università per concentrarmi sull’altra mia grande passione, ovvero le lingue, laureandomi in traduzione, per poi tornare alle “origini” fondendo le mie conoscenze e capacità e iniziando a scrivere in inglese, cosa che in realtà avevo sempre fatto. Il progetto Sara Curly nasce dall’incontro con Luigi Marsala, il mio chitarrista, nel 2019, con cui ho iniziato a coltivare e a nutrire l’idea di mettermi davvero alla prova e iniziare a tirare fuori quella che è la “mia” musica. 

Tra le tue influenze, quella che spicca di più è senza dubbio una sorta di Country/Pop anni ’90. Da dove viene la scelta di attingere così tanto da un genere così datato?

In realtà più che una scelta credo sia semplicemente (e inaspettatamente, oserei dire) il mix risultante da ascolti e influenze variegate, che partono sicuramente da una base pop e confluiscono in una propensione naturale per il soul/R&B/blues/funky/jazz, passando inevitabilmente da una componente country che mi si è “appiccicata” addosso probabilmente per via dell’amore per il mondo acustico e cantautorale americano. Riguardo alle influenze anni ’90, beh, in fin dei conti sono una millenial!

Parlando di artisti che ti hanno ispirato, hai citato diversi nomi, Tina Turner, Joss Stone e Tracy Chapman. Quest’ultima, mi sento di dire, è quella che si percepisce di più all’interno dei tuoi progetti. Che rapporto hai con quest’artista?

Adoro Tracy Chapman ed è una di quelle cantautrici che mi è entrata dentro senza che io me ne accorgessi. Sento tantissimo i suoi testi e il suo modo di cantare mi fa quasi male, per quanto è forte. Mi dicono spesso che somiglio a lei nel timbro vocale, ma devo ammettere che non è una delle artiste a cui mi rifaccio “volontariamente”!

Tornando alle tue canzoni, il video di “Just the Four of Us” prende quasi le sembianze di un diario di viaggio. Nel testo stesso della canzone fai diversi riferimenti al viaggiare. La mia domanda è: Viaggiare influenza in qualche modo (e quanto) il tuo processo creativo?

Viaggiare è, insieme alla musica e alle lingue, un’altra delle mie grandi passioni di vita. Credo che viaggiare, a volte anche in solitaria (anche se solo per brevi tratte), permetta di sentire tutto in modo più amplificato, le emozioni, le percezioni, e ti dà la possibilità di elaborarle con una sensibilità maggiore. L’immagine di un’artista che inizia a scrivere la bozza per la sua prossima canzone sull’aereo di ritorno da un viaggio è molto cliché, ma anche molto vera.  È in quel momento di raccoglimento con séstessi, dopo lo tsunami di input che il viaggio ti scaraventa addosso, che ti senti più “ricettivo/a” e quindi creativo/a. 

Precedentemente abbiamo parlato di diversi artisti che hanno in qualche modo contribuito a creare il tuo background musicale e di conseguenza il tuo suono. Sono emersi tutti nomi importanti, dalla Chapman fino a James Brown. C’è invece qualche artista attuale che ascolti?

Negli ultimi anni sono passata da ascolti blues/soul ad ascolti molto più rnb. L’artista da cui mi sento in assoluto più ispirata ultimamente è H.E.R, ma direi che gli artisti che ascolto molto sono Joss Stone, Alicia Keys, John Mayer, Madison Ryann Ward, Snoh Aalegra, ma anche tanto pop come Lizzo, Miley Cyrus, Beyoncé, davvero un po’ di tutto.

About Time

Vorresti che al pubblico arrivasse un messaggio specifico riguardo il tuo EP di debutto “About Time”.

Per questo mio primo EP ho scelto il titolo “About Time”, che in inglese vuol dire tipo “Era ora!” ma anche perché contiene la parola “Time” (tempo), un concetto che domina e al tempo stesso “assilla” la mia (e quella di tutti, credo) vita. Il messaggio è che non importa quanto ci metti per realizzare qualcosa, un progetto, un sogno nel cassetto; se quella cosa è destinata a te e avrai la costanza e dedizione per crederci e alimentarla, prima o poi quella cosa si realizzerà…E nel mio caso, era ora che lo facessi!

Tornando al discorso di poco fa sul Country/Pop anni ’90. Pensi ci sia in qualche modo una sorta di dogma per cui la musica attuale, anche la più promettente non regga il confronto con le epoche musicali più vecchie?

Credo che ultimamente la tendenza del mondo della musica sia quella di “cavalcare” l’onda di qualcun altro o il successo che può aver fatto un determinato genere, artista, sound o canzone e di emularlo, dando vita a qualcosa di simile e volutamente “già sentito”. Per carità, fare musica originale e creare un sound “mai sentito prima” è molto difficile, ma credo che nelle epoche musicali precedenti ci fosse semplicemente più autenticità e quella volontà di fare musica perché la si ha semplicemente dentro, e meno perché la si deve vendere.

Ora sta per uscire “About Time”, il tuo primo EP. Poi cosa farai (musicalmente parlando)?

“About Time” segna l’inizio di questo mio progetto musicale. Questo EP è un po’ una sorta di manifesto d’arte, una dichiarazione pubblica delle intenzioni per quello che seguirà. Ci sono ancora tante canzoni che per ora aspettano solo di uscire, altre di essere arrangiate e incise e altre ancora di essere scritte, e non vedo l’ora di vedere anch’io stessa dove mi porterà questo grande viaggio!

Se dovessi scegliere una traccia che reputi “più importante” tra le quattro contenute nell’EP, quale sceglieresti?

Credo che “Just the Four of Us” sia in assoluto quella che mi rappresenta di più, sia per le sonorità, che per le atmosfere romantiche/malinconiche in cui mi piace sguazzare, ma anche per il testo, che ritengo autentico e molto personale e sentito.

/ 5
Grazie per aver votato!