Metal

Sonic Universe: La recensione di “It Is What It Is”

  • It Is What It Is – Sonic Universe
  • 10 Maggio 2024
  • earMUSIC

Instancabile e pieno di energie, Corey Glover ha aggiunto un tassello discografico nel puzzle funky-metal con un progetto nuovo di zecca: Sonic Universe.

In attesa del prossimo dei Living Colour, storica band del cantante, It is what it is è la materializzazione di una combo micidiale con Mike Orlando, già chitarrista degli Adrenaline Mob (con Russen Allen dei Symphony X), Taykwuan Jackson alla batteria e Booker King al basso.

Chi si aspetta le grandi prestazioni vocali a cui ci ha abituati Glover da Cult of Personality in poi, non avrà delusioni. Per il resto, c’è da sottolineare la forte componente metal che gli ha permesso di comportarsi, come ha affermato, “più da cantante metal”. 

Come suona quindi It is what it is? Potente, su questo non c’è dubbio.

Con I Am si mettono subito in chiaro le cose: si va decisi, a sfondamento, facendo leva su funky, chitarre alla Tom Morello e batteria che va giù pesante ma che non dimentica il groove. Il tutto armonizzato dall’inconfondibile interpretazione del vocalist, ancora fresca, versatile e ruggente. 

It Is What It Is

Quello che fa riflettere è che da 1 a 10 (canzoni a disposizione), invertendo l’ordine degli ascolti, il risultato non cambia. In realtà neanche scorrendo con ordine.
Alla prima traccia si può accostare benissimo Turn A Blind Eye Life, tre canzoni diverse sulla carta ma molto simili per struttura.

In sostanza l’album gira più o meno sulle stesse scelte compositive. Variano ritmi, attacchi, note, virtuosismi, ma si ha spesso la sensazione di ritrovarsi al punto di partenza. 

Che sia inteso: i brani, presi singolarmente, sono bombe ad orologeria. Peccato che siano state sganciate tutte insieme, tralasciando l’ipotesi di dare più equilibrio o, per lo meno, di concedere un momento di stacco. In effetti uno c’è, Whisper To A Scream, un blues-metal che mette Glover nelle condizioni di sfoderare tutta la sua carica soul con un pathos da canto gospel. Tra i singoli va segnalata Higher, una ventata d’aria fresca, anzi, una raffica di vento che nel ritornello fa volare più in alto (“Higher, If you wanna fly, spread your wings and”). 

Immaginando di spacchettare l’album e di dividere a gruppi di due o tre le tracce di questo lavoro, aggiungendo a ogni gruppo una dose di canzoni più variegate, allora si potrebbe avere l’idea di una band che non ha fretta di mostrare le proprie abilità. 

Tornando alla realtà, si consiglia di ascoltare “a saltelli”, a meno che (e per gli amanti del genere potrebbe anche essere plausibile) non si voglia una bella carica di adrenalina tutta in una volta. Per il momento basti questo, è quello che è (appunto): It Is What It Is.


Se ti sono piaciuti i Sonic Universe, puoi provare: Queens of the Stone Age, Screaming Females

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MTVoid: la recensione di “Matter’s Knot, Pt.1”

  • Matter’s Knot, Pt.1 – MTVoid
  • 10 Novembre 2023
  • Lobal Orning Records

Un intro futuristico di oltre sei minuti, con suoni provenienti da altri pianeti e rumori indefinibili, aprono il criptico e quanto mai sfuggente nuovo album degli MTVoid. La band crea un tappeto industrial, contaminato da sonorità arabeggianti, accenni post rock, echi trip hop, con schitarrate metal a condimento del tutto. Incredibile quanto una mistione di generi e sonorità diverse sia stata partorita da solo due menti, seppure artisticamente sopraffine, creando un trip sonoro ipnotico. Questo mix di contaminazioni viene esaltato appieno in “Matter’s Knot, Pt.1”, che prosegue quanto già proposto dieci anni prima dalla band.

È piuttosto inconsueto che l’unico pezzo totalmente strumentale sia il primo ed il più lungo, ed è ancor strano che nonostante tale preambolo “Death Survives” giunge come la meno “musicale” delle sette tracce complessive. Se questi sono i presupposti, non c’è che da mettersi comodi e prepararsi a molte turbolenze.

Ed eccoci quindi a “Lilt”, che accompagna l’ascoltatore verso un insolito connubio: gli albori dei Nine Inch Nails incontrano le terre orientali, una mistione tanto stravagante quanto azzeccata. Chanchellor e Mohamed si aggiudicano il secondo round a pieni voti.

L’Arabia si fa da parte in “Propagator”, a beneficio di echi post rock ed accenni prog, grazie anche al featuring di Aric Improta alla batteria. Interessante, ma con minor impatto rispetto al precedente.

La voce di Isabel Munoz-Newsome trasforma il duo negli ultimi Archive, ricordando in particolar modo “Numbers”. Lo stile della band però rimane molto marcato in “Drop-out”, con rumori e suoni che si intrecciano in un trip proiettato al futuro. L’asticella continua ad alzarsi.

Si giunge al momento di introspezione assoluta: il basso di Justin Chanchellor mostra il suo lato tooliano, in un riff ipnotico, perfetto per un testo criptico ed enigmatico. “They are scanning your soul” viene ripetuto, come un monito sussurrato, un suggerimento velato. “Scanner Void” risulta complessa, intricata ma di certo non scontata.

“MaBeLu” arriva a rilento, per poi esplodere nella voce di Peter Mohamed. Si mantiene lo stile costante dell’intero album, in bilico tra l’industrial metal e il trip hop. Troppo breve per lasciare un solco nell’anima del pubblico, troppo incisivo per passare inosservato o, meglio, inascoltato.

L’album si chiude con “Magmaficent”, un gioco di parole che racchiude al meglio il sound di questo piccolo supergruppo. Un tappeto trip hop, con note sospese e testo parlato, che traghetta verso la riva dopo un viaggio piuttosto burrascoso. Degno finale di un’opera ermetica.

È difficile descrivere a parole quanto gli MTVoid riescono a fare con la musica. Non è di certo un ascolto leggero, spensierato, ma nemmeno troppo astruso, al punto di evitarne l’approccio. Bisogna prepararsi bene, predisporre l’animo, rilassarsi a dovere ed accettare un viaggio di mezz’ora in mondi distopici, spesso non troppo lontani dal nostro quotidiano più intimo.

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Caskets: la recensione di “Reflections”

  • Caskets – Reflections
  • 11 Agosto 2023
  • ℗ SharpTone Records

A due anni dal debutto internazionale con l’album Lost Souls, i Caskets sono tornati lo scorso 11 agosto con il nuovo album dal nome Reflections.

Il titolo – che tradotto in italiano significa “riflessi” – sembra appropriato per un disco che ci invita a guardarci indietro. Infatti se Lost Souls era una sintesi delle guerre interiori ed individuali del frontman Matt Flood, quest’ultimo progetto discografico riguarda il percorso della band nel suo insieme. Attraverso dieci tracce di genere pop, elettronico e metalcore, i Caskets fanno riemergere senza pudore eventi passati che – seppur non tutti propriamente positivi – li hanno portati ad essere ciò che sono attualmente.

Tracklist:

1. Believe

2. More Than Misery

3. In the Silence

4. Too Late

5. By the Sound

6. Six Feet Down

7. Silhouettes

8. Guiding Light

9. Hate Me

10. Better Way Out

Il brano di apertura si chiama Believe e ci introduce violentemente all’interno del genere dominante di Reflections, forse non abbastanza amato dai puristi del genere metal ma certamente energizzante per coloro che sanno apprezzare sonorità moderne come queste.

La seconda traccia è molto più pop della precedente e vede la partecipazione di Telle Smith dei The Word Alive. Il titolo è More Than Misery e nelle grida del ritornello percepiamo appieno il sentimento descritto dal testo. Esso parla infatti della sensazione del trovarsi ipnotizzati da qualcuno o qualcosa che però, col tempo, ci condurrà verso abitudini dannose per la salute fisica e mentale. Il sound rock tendente al pop-punk ricorda quello tipico di artisti moderni e noti a livello internazionale, come la band australiana 5 Seconds of Summer e/o il cantautore britannico Yungblud.

Si procede con In The Silence, caratterizzata da fantastici riff di chitarra ma manchevole di quel tocco necessario ed imprescindibile di individualità. Quest’ultima non manca nella quarta traccia dal titolo Too Late, dove sono presenti elementi elettronici capaci di far decollare il pezzo e di renderlo inedito rispetto ad altre canzoni già sentite.

Un brano di questo album che definisco coinvolgente ed emozionante è Guiding Light. Sebbene anche qua non veniamo posti di fronte ad alcuna novità musicale, il testo tratta di un relazione finita (non si capisce se fosse di natura amorosa o meno). All’interno di questo pezzo, il cantante Matt Flood riesce a trasmettere tutto il suo strazio causato dalla perdita della sua “luce che lo guida”. Si tratta della perdita di un punto di riferimento importante a cui lui urla tutto il suo dolore.

“Help me, I keep drowning, I need a savior

help me, I scream but no one ever hears my voice”

“If I sold myself a lie,

would you be my guiding light?”

In conclusione, Reflections è un album tutto sommato piacevole, che scorre bene. Tuttavia, per essere definito vincente necessiterebbe di maggiore originalità e singolarità. È un disco caratterizzato da un sound indubbiamente fresco e moderno, facilmente apprezzabile da parte dei fans più giovani, un po’ meno da chi all’interno di questo genere naviga già da qualche anno.

Chissà se in futuro i Caskets ci riserveranno delle sorprese, nel frattempo ascolta Reflections su Spotify.

Voto: 7/10

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