Michael Jackson

Studio 54: La Golden Era delle Notti Newyorkesi

Nell’immaginario collettivo, lo studio 54, è diventato l’icona della vita notturna newyorkese degli anni ’70. Il celebre Nightclub ha visto nascere e morire la disco music e l’era glamour. Era il simbolo per eccellenza di eccessi e libertà. Il buon vecchio sesso, droga e Rock and Roll. Era un vero e proprio epicentro culturale, dove celebrità, artisti, e la scena della moda si mescolavano in un vortice di musica e stravaganza, ma in verità, lo Studio 54, era molto di più. 

Il locale venne aperto nell’aprile del 77, in un ex teatro situato al 254 West 54th Street a Manhattan, da Rubell e Schrager. Entrambi avevano già esperienza nel settore dell’intrattenimento, ma quello che volevano creare con lo Studio 54, era qualcosa che nessuno avesse mai visto fino a quel momento, e beh, ci sono riusciti. Con l’aiuto dell’interior designer Ron Doud, trasformarono il vecchio teatro nel palcoscenico più importante per il divertimento e la stravaganza. 

Studio 54 foto 1

Tutto al suo interno rispecchiava una cultura piuttosto eccentrica. Le enormi sfere stroboscopiche l’arredamento “teatrale”, fino all’utilizzo di oggetti di scena. Uno di questi, la statua della luna che sniffa cocaina da un cucchiaio, forse uno dei più grandi simboli della cultura delle droghe dell’epoca. 

Sorpassata la rigida selezione all’ingresso dello stesso Rubell, quello che succedeva dentro il club era qualcosa di magico. Lo studio 54 trasudava atmosfere elettrizzanti e la musica regnava sovrana. La zona della console era il trono di DJ leggendari come Richie Kaczor e Nicky Siano, pronti a mixare tutti i più grandi successi dell’epoca, che con l’arredamento e l’illuminazione creavano una miscela incredibilmente esplosiva. 

Purtroppo si sa, quando si ha a che fare con questo tipo di locali, difficilmente si riesce a non incappare nei guai. Lo studio 54 divenne rapidamente il luogo perfetto per tutte le celebrità dell’epoca. Andy Warhol fu probabilmente uno dei frequentatori più assidui del locale, talmente assiduo che, nell’immaginario collettivo, è colui che più di tutti ha contribuito a creare l’immagine di quest’ultimo. In realtà le celebrità che hanno ballato sul dancefloor del club sono tantissime e di tutti i tipi. Da Mick Jagger a Diana Ross fino addirittura a Michael Jackson, che pare abbia tratto parecchia ispirazione da questo paradiso, prima di iniziare a lavorare su Off The Wall.

Studio 54 foto 2
Michael Jackson e Steven Tyler, frontman degli Aerosmith

Insomma, in poco tempo non solo era diventato un luogo di svago, ma anche uno spazio dove nascevano e si consolidavano relazioni tra personaggi importanti nel mondo dell’arte, della musica e della moda. Le celebrità non erano solo ospiti, ma in qualche modo un pezzo dell’arredamento. Parte integrante dell’atmosfera del club, e coloro che più di tutto il resto, avevano contribuito a creare quell’aura di fascino e eccentricità. 

Gli episodi leggendari non mancavano: la famosa entrata di Bianca Jagger a cavallo, la stravaganza di Warhol e del suo entourage e feste di compleanno così sontuose da sembrare più spettacoli teatrali. L’uso di droghe comune e alla “luce del sole” però, fu uno dei principali problemi che decretarono la lenta fine dello Studio 54. 

Studio 54 foto 3

Nonostante il suo successo, il locale venne chiuso nel 1978 a seguito dell’arresto dei due proprietari per evasione fiscale – si scoprì che Rubell e Schrager avevano nascosto milioni di dollari non dichiarati. I due fondatori vennero arrestati e il club chiuso temporaneamente. Durante il processo emerse che avevano nascosto ingenti somme di denaro all’interno di buste della spesa nascoste nel controsoffitto del locale. Durante il processo, Rubell divenne famoso per aver detto che solo la mafia era in grado di generare più soldi dello Studio 54. Scontata la pena, tentarono di rilanciare le loro carriere nel settore dell’Hospitality, ma la Golden Era dello Studio 54 era ormai terminata. Nello stesso periodo (1981), il locale aprì sotto una nuova gestione ma, non riuscendo a recuperare quel suo antico splendore, chiuse definitivamente nel 1986. 

L’incredibile storia di questo posto è durata uno schiocco di dita – un battito di ciglia. Un secondo prima era il punto centrale della vita notturna del Jetset newyorkese, e il secondo dopo era sparito. Era come gli ultimi rimasti di quelle feste sontuose e stravaganti, che una volta sole e alle prime luci dell’alba, guardavano il locale vuoto, increduli di ciò che solo poche ore prima era successo. Nonostante tutto, la sua influenza nella cultura pop è innegabile. Ha definito un’era che continua a ispirare la moda, la musica e l’arte contemporanea. 

/ 5
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Off The Wall: L’album d’oro della Disco Music al tramonto della Disco Music

  • Michael Jackson – Off the Wall
  • 10 Luglio 1979
  • ℗ Epic / MJJ Productions

Life ain’t so bad at all / If you live it Off The Wall

Al suo ventunesimo anno di età, quella che sarebbe diventata una delle icone pop più grandi di tutti i tempi, aveva più anni di carriera di molti altri musicisti. E non era una cosa positiva. Per il bambino prodigio di Gary, le luci dei riflettori sono sempre state più un male che un bene e, complice un padre fin troppo severo e esigente, Michael Jackson non ha mai vissuto la tenera età come tutti gli esseri umani meriterebbero. Questo è forse il primo punto che rende il suo quinto disco così incredibile. Off The Wall è da considerare a tutti gli effetti come un secondo debutto per Jackson. Un secondo debutto in cui tirare fuori tutto sé stesso, celebrare la vita e la voglia di divertimento che solo in giovane età si ha. Quale genere migliore per esprimere questo concetto se non la Disco Music

Off The Wall arriva apparentemente nel momento sbagliato e sembra proprio non interessarsene minimamente. Esce in commercio il 10 Luglio del 1979, appena due giorni prima che il mondo decretasse la fine del genere. Con la Disco Demolition Night, un evento in cui, in uno stadio di baseball, vennero demoliti migliaia di dischi, al culmine di un movimento reazionario contro la Disco Music. Off The Wall procede a passo spedito, scala le classifiche, entra nei cuori di qualsiasi ascoltatore e fa capire al mondo che l’ultimo ad avere la parola prima del tracollo del genere è Michael Jackson.

Per quello che diventerà il Re Del Pop, questo disco è un processo di transizione di 42 minuti da prodigio dei Jackson 5 a icona mondiale. Per comprendere meglio il disco, forse bisognerebbe fare qualche passo indietro, più precisamente all’estate del 1976. I fratelli Jackson disegnano sulla CBS un mondo fatto di luci abbaglianti, costumi e stravaganza, che debutterà col nome di The Jacksons. Quel programma cucirà su Michael un personaggio complicato da scrollarsi di dosso, ed è molto difficile far vedere davvero chi sei, se il mondo rimane avvinghiato ad un’immagine di te completamente distorta e “abbagliata dai flash”. Con Off The Wall, Jackson disegnerà un nuovo artista a 360 gradi. Look nuovo, personaggio nuovo e, in un modo o nell’altro, una persona nuova. 

off the wall

L’idea del disco ha iniziato a prendere forma nella testa di Michael a New York, durante le riprese di The Wiz, nel 1978. In quel periodo, la Grande Mela era un costante via vai di artisti e personalità di spicco del mondo dello spettacolo, che il Michael ventenne ha attirato (o da cui è stato attirato) come una calamita. Ben distante da quelle atmosfere stile “Sesso, Droga e Rock N’ Roll”, si è limitato ad assimilare quanto più l’ambiente era disposto ad offrirgli, per trasformarlo in un’istantanea perfetta dell’epoca simbolo di stravaganza e eccessi.

Durante le riprese del film, il giovane Jackson non si diverte solo, ma fa anche parecchie conoscenze. E una di queste gli cambierà la vita. Ha un curriculum chilometrico, va da Dizzy Gillespie a Frank Sinatra, e il suo nome e Quincy Jones. Quando l’idea del disco iniziò a concretizzarsi, il dinamico duo non voleva solo un album che permettesse a Jackson di affermarsi artisticamente, volevano il miglior album di Disco Music mai prodotto. A distanza di 45 anni dalla sua uscita, possiamo dire che ci sono riusciti. Q e Michael ascoltarono un totale di circa 800 demo, prima di scegliere le dieci tracce di Off The Wall.

Fatto il pieno di alcuni dei musicisti migliori che la scena musicale del tempo potesse offrire, prenotarono gli studi. Il disco è stato lavorato fra gli Allen Zentz Recoding Studios, i Westlake e i Cherokee. L’El Dorado della produzione musicale, dotato di alcune delle apparecchiature più avanzate dell’epoca. Dentro questi veri e propri templi della musica, la raffinatezza delle produzioni di Jones e la creatività di Michael diventarono un tutt’uno. Dentro l’apparente involucro Disco di Off The Wall, si incrociano Jazz, R&B e Funk, sorrette da riff scoppiettanti, orchestrazioni e sezioni ritmiche incalzanti. Il mix tra elementi acustici e i primi elementi elettronici crea un sound riconoscibile alla prima nota e incredibilmente fresco, almeno per l’epoca. Ricordiamoci sempre che siamo nel 1978. 

Il disco si apre con i sussurri di Jackson che si trasformano in falsetti, in Don’t Stop ‘Til You Get Enough. Il groove irresistibile e i suoni scintillanti delle sezioni di ottoni hanno catapultato il brano ai vertici delle classifiche. Rock With You è un’altra punta di diamante. La traccia simbolo della Disco Music, che ancora oggi è una lezione di come si scrive musica per il dancefloor. Scritta da Rod Temperton, è uno dei brani più iconici della discografia di Michael Jackson. I morbidi tocchi di piano avvolgono perfettamente le voci in una produzione in cui il muro portante è affidato ad una sezione ritmica magistrale. Con Working Day and Night si creano alcune delle strutture vocali che faranno da cifra stilistica per il Michael degli anni ’80. Versetti, armonie e linee melodiche incredibilmente dinamiche si fondono ai riff funky, in una delle tracce più movimentate del disco. 

Co-scritta con Louis Johnson, Get on the Floor è un inno alla danza. Jackson mette da parte le sperimentazioni delle prime tracce dell’album e si concentra sull’obbiettivo iniziale: La Disco. La title-track è qualcosa di magico. Scritta ancora una volta da Rod Temperton, celebra la libertà e la voglia di divertirsi, di cui l’artista si era innamorato durante la sua permanenza tra i club di New York City. La produzione raffinata fa da trampolino di lancio per un performance vocale di Michael Jackson che va oltre tutto ciò a cui eravamo stati abituati fino a quel momento.

Paul McCartney firma Girlfriend. Il pop di ieri e il pop di oggi (ovviamente si parla sempre del 1978) inchiodano la spensieratezza in una traccia allegra e giocosa, prima di entrare in contatto con un’altra punta di diamante di questo disco. She’s Out Of My Life è una bomba emotiva a cui non eri abituato. Vista l’euforia delle tracce precedenti, arrivato a questo punto resti come spiazzato, e forse è per questo che l’impatto è così forte. La straziante fine di una relazione in un’interpretazione impeccabile di Jackson, che trasuda vulnerabilità e malinconia come mai fino a quel momento. Il Brano si trasforma in un secondo l’apice più toccante di Off The Wall.

Stivie Wonder e Susaye Green lasciano il loro nome sul mix perfetto fra Jazz e Pop. Il modo in cui gli strati di sintetizzatore si incrociano alle ritmiche e ai soffici glissando di Rhodes in I Can’t Help It, mostrano la grande versatilità di Jackson, mentre gli archi ci portano verso la fine del disco. It’s the Falling in Love, vede il ragazzo di Gary intento a duettare con Patti Austin, in una traccia rilassata, dagli spunti funky delle chitarre effettate alle armonie vocali. La chiusura del disco è una sentenza. Con Burn This Disco Out Jackson invita il mondo a ballare finché non esaurisce le forze e, su un groove irresistibile, decreta la fine dell’era Disco. 

Se c’è stato un momento in cui Michael Jackson, Mj, o qualunque sia il modo in cui vogliate chiamarlo è stato semplicemente Michael è questo. Per questi 42 minuti tutto quello che è stato prima: i Jackson 5, un padre che l’ha cresciuto come un prodotto da vendere; Tutto quello che è stato dopo: Thriller, Il Re Del Pop, le controversie e le battaglie legali, sono nulla. Questo è il momento in cui, più di tutti, Michael Jackson è stato semplicemente Michael.

/ 5
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Tuesday Music Revival: Thriller – Michael Jackson

  • Michael Jackson – Thriller
  • 30 Novembre 1982
  • ℗ Columbia Records / Epic Records

Già dai tempi di “Off the Wall”, l’idea di Jackson non era fare un album Disco, era fare il miglior album Disco di tutti i tempi. Con “Thriller” è andata esattamente allo stesso modo, ma seguendo una strada diversa. Il sesto disco in studio di Michael Jackson è una macchina sforna Hit, mossa da una scia di ambizioni oltre qualsiasi limite. Con Quincy Jones in cabina di regia per la seconda volta, il disco viene concepito per essere accettato da tutti, il rifiuto non è contemplato. Tutte le radio avrebbero dovuto passarlo e tutti avrebbero dovuto ascoltarlo. Ed è proprio quello che è successo.

La miscela di R&B, pop, adult e addirittura rock ha creato un disco camaleontico, capace di adattarsi ad ogni condizione. I video musicali di Billie Jean, Thriller e Beat It, ruppero ogni tipo di barriera, MTV che inizialmente non era intenzionata a passarli, non solo venne costretta a cambiare idea, ma dedico a Jackson tutti gli orari migliori (traendone non pochi benefici). I traguardi raggiunti da “Thriller” sono incalcolabili, 37 settimane ai vertici della Billboard 200, 7 Grammy in un colpo solo, disco più venduto della storia, circa 140 certificazioni tra disco d’oro, platino e diamante ecc.

“Wanna Be Startin’ Somethin’” apre il disco con un groove senza precedenti. Sopra la drum machine le linee melodiche di basso oscillano tra aggressività ed elasticità, creando l’incastro perfetto per la voce di Jackson, che canta di pettegolezzi. La parte più iconica è però alla fine. Quel “Mama say mama sa ma ma coo sah”, destinato a restare impresso non solo nella discografia di Michael Jackson. La molleggiata “Baby Be Mine”, scritta da Rod Temperton mescola il pop all’R&B, guidata da un basso sintetizzato che in gergo prende il nome di “Wobble Bass” e i pattern di chitarra elettrica funky. 

Il duetto con Paul McCartney, “The Girl Is Mine”, è stato il primo singolo del disco. Nella canzone si legano il passato e il presente del pop dell’epoca. La traccia altro non è che una litigata tra i due per una ragazza. Come per diverse tracce di questo disco, a suonare “The Girl is Mine” vennero chiamati alcuni dei componenti dei TOTO. La title track è un film horror senza il film. Scritta ancora una volta da Rod Temperton, Thriller, è una miscela di paura e ironia, condita da effetti sonori e dalla recitazione dell’attore Vincent Price. Un incontro perfetto tra il tramonto della disco music e il pop.  

“Beat It” è probabilmente l’esperimento discografico più riuscito della storia. Delle bande rivali che se le danno a colpi di danza su un riff incredibile di Eddie Van Halen e contaminazioni di rock sull’R&B a cui già Michael Jackson ci aveva abituati. 

Ed ecco che arriva la punta di diamante di questo disco. Un groove semplicissimo eppure riconoscibile fra altri mille, accompagnato da un giro di basso quasi meccanico e dagli urletti di Jackson. Nonostante sia stato il secondo singolo del disco, Billie Jean è stata la canzone che ha portato Thriller in cima a tutte le classifiche. 

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“Human Nature” è la ballata per eccellenza della discografia di Michael Jackson. Una meraviglia compositiva curata dai fratelli Porcaro dei TOTO. Una voce delicata che si confonde tra gli arpeggi di chitarra e le percussioni africane. 

Nella penultima traccia del disco, “P.Y.T. (Pretty Young Thing)”, emerge la spensieratezza e la leggerezza dei primi album di Jackson, mentre la traccia di chiusura “Baby Be Mine”, scritta ancora una volta da Rod Temperton e Quincy Jones, torna a vagare su atmosfere R&B. 

Voto: 9.5/10

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Tuesday Music Revival: Dangerous – Michael Jackson

  • Michael Jackson – Dangerous
  • 26 Novembre 1991
  • ℗ Epic Records / MJJ Productions Inc.

Dopo che hai tirato fuori progetti musicali del calibro di “Off The Wall”, “Thriller” e “Bad”, dischi quasi sulla soglia della perfezione, inizia a diventare sempre più difficile mantenere gli standard alti. Eppure Michael Jackson, nonostante uno sconvolgimento stilistico parecchio rischioso, ci riesce ancora, pubblicando Dangerous. Con l’ottavo disco solista in studio, Jackson si siede per l’ultima volta sul trono del Pop.

Del bambino prodigio dei Jackson Five e di quel Michael giocoso dei tre dischi precedenti sembra non essere rimasto più nulla, spazzati via dalla pioggia di accuse riguardo il fatto che si fosse sbiancato la pelle poiché rifiutasse di identificarsi come afroamericano, o la teoria secondo cui dormisse in una camera iperbarica. Il concepimento del disco avvenne in un periodo piuttosto turbolento, negli stati uniti e non solo. La caduta del muro di Berlino, una Los Angeles sempre più pericolosa, all’alba delle proteste contro le questioni razziali, e le guerre sparse nei paesi del terzo mondo. Finita la collaborazione con Quincy Jones, Jackson cerca delle sonorità che si possano avvicinare il più possibile al nuovo fenomeno che sta scuotendo il mondo in quel periodo: l’Hip-hop.

A differenza di tante vecchie guardie di quel periodo, Michael Jackson, non è spaventato dal movimento Hip-Hop, ma anzi lo trova un ottimo catalizzatore, non solo per la piega che vuole far prendere al suo nuovo progetto, ma anche per attirare nuovo pubblico. Alla produzione, la persona che più rispecchia l’idea di Jackson, è un ragazzo di appena 23 anni, conosciuto per aver creato il New Jack Swing, il suo nome è Teddy Riley. Dal momento in cui si incontrarono nacque una collaborazione parecchio prolifica che produsse non solo 6 delle 14 tracce di “Dangerous”, ma anche divere tracce dei successivi dischi di Jackson.

I suoni caratteristici degli anni ’90, gli assoli di Slash e i testi di Michael avevano creato intorno al disco un’aura cupa e sporca, lasciando comunque spazio al lato più utopistico e ottimista del cantante. Nonostante tutti i cambiamenti, rimangono dei nomi importanti all’interno dei processi creativi di Jackson dei progetti precedenti. In questo spiccano Siedah Garret, che aveva scritto e cantato “I Just Can’t Stop Loving You”, Glen Ballard, che oltre ad aver scritto la celebre Man In The Mirror, insieme alla Garret, aveva collaborato anche a Thriller, David Paich, collaboratore di Michael dai tempi dei “The Jacksons”, e l’immancabile Bruce Swedien, fonico di fiducia. 

Vetri che vanno in frantumi, scratch e sample orchestrali aprono il disco. Sulla produzione di Riley e affiancato al rap di Heavy D., Jackson apre Dangerous con “Jam”, la sua visione utopica di un mondo unito, in cui tutte le persone affrontano i problemi insieme. “Why You Wann Trip On Me” mescola chitarre funky a ritmiche New Jack Swing. Qui Jackson si scaglia per la prima volta contro i network che speculano su di lui dai tempi di Thriller. “In the Closet” inizialmente avrebbe dovuto essere una collaborazione tra il cantante e Madonna.

Alla fine si optò per inserire nella canzone la voce della principessa di Monaco. I problemi anticipati in “Jam” e esposti in “Why You Wanna Trip On Me” restano presenti anche in questa traccia. “In the Closet” parla infatti di una relazione tra Michael e una donna, costretta a rimanere nascosta per via dell’impatto mediatico che potrebbe suscitare. 

 Clacson e motori fanno partire “She Drives Me Wild”. La sezione ritmica principale è costituita proprio da rumori di auto, che circondano cassa e rullante. Come per le tracce precedenti, tutti gli altri strumenti fino a questo punto passano in secondo piano, dando più impatto alla batteria e alla voce filtrata di Jackson.

“Remember The Time” descrive un’altra storia d’amore, che a differenza di “In the Closet”, può vedere la luce del sole. “Ti ricordi quando ci siamo innamorati? / Allora eravamo giovani e innocenti”. Le armonie di Michael e i sintetizzatori, danno alla canzone un’aria calda e sensuale. Sample Hip-Hop, drum machine filtrate e la sezione melodica a base di piano elettrico e archi guida Michael in “Can’t Let Her Get Away”. In “Heal the World”, incontriamo nuovamente un Michael Jackson premuroso e ottimista.

E una canzone più acustica, in cui la mano di Riley passa in secondo piano. Michael torna nuovamente sui problemi del mondo, generando una canzone che diventa un vero e proprio inno, come era successo con Man in the Mirror nel 1987. Una chitarra scoppiettante e gli immancabili “Aww!” di Michael si mescolano in “Black Or White”. Nella canzone vengono trattate le tematiche razziali. “Non importa se sei bianco e nero”. Con questa traccia Jackson arriva per la dodicesima volta al vertice delle classifiche americane, sarà la sua penultima volta. 

“Who is It”, seconda traccia del disco prodotta da Bill Bottrel, ritorna a un’atmosfera di Bad, mentre Michael si interroga su come andare avanti dopo essere stati lasciati da qualcuno che si ama. “Give into Me” si apre con riferimenti biblici, per poi perdersi nei riff di Slash, chitarra solista dei Guns ‘N Roses. La traccia ricorda molto “Dirty Diana”, contenuta in Bad, ma in questo caso, i suoni di sintetizzatore sono sostituiti con le chitarre stratificate del chitarrista Angloamericano. 

In “Will You Be There”, Michael duetta al fianco della Cleveland Orchestra. È stato uno dei più grandi successi del disco, arrivando ad essere selezionata come colonna sonora del film “Free Willy” e vincendo il premio di migliore canzone in un film, di MTV. Quell’eterno bambino che vive dentro Michael Jackson, che non è riuscito ad uscire nelle 11 tracce precedenti, lo fa nell’ispiratrice “Keep The Faith”. La canzone è un inno sull’inseguire i propri sogni. ”Gone too Soon”, ultimo singolo del disco è una cover di “Dionne Warwick” dedicata ad un amico di Jackson, morto in seguito a delle complicazioni dovute all’AIDS. Il disco si chiude con la title-track “Dangerous”, che riprende gli stili delle tracce iniziali. Sui sample hip-hop programmati da Riley Michael sussurra: “La ragazza era cattiva / La ragazza era pericolosa”. Parla di una ragazza molto seducente, di cui Jackson si innamora, finchè non rimane scottato.

Dangerous fu l’ultimo progetto in cui Michael Jackson fu davvero Michael Jackson. Dai tempi di Off The Wall, il ragazzo dell’Indiana ha sempre voluto un disco che rimanesse per sempre inciso nelle pagine di storia della musica, con Dangerous, ne ha collezionato ben quattro. Michael Jackson è la definizione per eccellenza di cosa vuol dire dare qualcosa alla musica.  

Voto: 8.9/10

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Kali Uchis: La recensione di “Red Moon in Venus”

  • Kali Uchis – Red Moon in Venus
  • 3 Marzo 2023
  • ℗ Geffen Records

Prova superata a pieni voti per il terzo disco della cantante statunitense di origini sudamericane. Le sperimentazioni funk, R&B e Bossa Nova degli album precedenti confluiscono tutte in “Red Moon in Venus”, è il secondo album della Uchis ad essere quasi completamente in inglese. Tra suoni e arrangiamenti esotici, curati da una lunga lista di producers, da Rodney Jerkins, conosciuto anche come “Darkchild” (Michael Jackson, Spice Girls, Beyoncé), a Benny Blanco (Ed Sheeran, Kanye West, Camila Cabello), si sviluppano testi che parlano d’amore, in tutte le sue forme con un’aura astrologica, come sottolinea il titolo stesso del disco. 

In “in My Garden…”, introduzione di pochi secondi, ci troviamo di fronte a suoni esotici, uccelli e un piano elettrico. La prima traccia effettiva di questo disco è “I Wish you Roses”, ritmi rallentati e linee melodiche calde e leggere. “Worth the Wait” con Omar Apollo, mischia drum machine e suoni percussivi a sensazioni tra il funk e l’R&B degli anni ’90. “Love Between…” prosegue sulle atmosfere funky, ma quello che caratterizza tutto l’album è proprio la contrapposizione fra generi che viaggiano a velocità diverse. “All Mine” molto essenziale, il ritmo lo detta la linea melodica di basso. 

“Fantasy” con Don Toliver contamina il genere predominante del disco con elementi afropop, generando una traccia sensuale. “Como Te Quiero Yo” e “Hasta Cuando” è la prima delle tre tracce per la maggior parte in spagnolo. I vocalizzi e le sensuali atmosfere rievocano sfaccettature più tristi, che raccontano della sofferenza legata all’amore. In “Endlessly”, prodotta da Darkchild, si torna verso un groove funky, in cui le sezioni di ottoni lasciano spazio a sintetizzatori analogici. “Deserve Me” con Summer Walker e “Moral Conscience”, introducono elementi trap, i testi parlano di consapevolezza e relazioni tossiche.

L’interludio “Not Too Late” spicca una ritmica Hip-Hop old school all’interno di una traccia profondamente R&B. “Blue” richiama strumenti tradizionali, si può sentire una tuba e un mandolino, tra le ritmiche serrate e i synth, mentre tra gli elementi di astrologia del testo di “Moonlight” la cantante si diverte in frasi come: “Voglio solo sballarmi con il mio amante. “Happy Now” affronta il perdono, per essere felice e continuare ad essere innamorata. 

Voto: 8/10

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