- Nick Cave & The Bad Seeds – Wild God
- 30 agosto 2024
- ℗ Bad Seed Ltd / Play It Again Sam
Il superamento delle avversità porta a confrontarci direttamente con le nostre emozioni. Reagiamo tutti in maniera soggettiva e differente: c’è chi, ad esempio, risponde alla delusione con la determinazione e chi invece con la malinconia, oppure c’è chi scrive canzoni per combattere e contrastare i dispiaceri della vita. Uno su tutti è di certo Nick Cave che con i suoi Bad Seeds ha fatto uscire lo scorso 30 agosto l’ultimo disco Wild Gold per la P.I.A.S. Recording.
Si tratta di un album che si discosta molto da quello precedente, Ghosteen: Cave passa dall’affrontare in modo struggente la perdita del figlio Jethro e della ex compagna e parte storica della band Anita Lane, all’elaborazione del dolore attraverso lo stupore della semplicità terrena, di perdono e redenzione. È molto chiara, sia nei testi che nella produzione, la presenza di un’evocazione positiva della serenità d’animo, racconti epici che sembrano venire da lande sperdute, destreggiandosi fra sacro e profano.
Grazie a Song of The Lake, la sensazione iniziale è quella di assistere ad una liturgia guidata dalle novelle di un pastore, in cui la voce decisa si fa spazio fra i cori di un matrimonio orchestrale. Con “once upon a time” solitamente iniziano le fiabe, e proprio come le fiabe in Wild God Nick Cave continua i suoi racconti temporali e divini: un Dio antropomorfo in cerca dell’amore perduto sulla terra, immerso in un sound che ricorda “spaghetti western” ma in chiave australiana e moderna.
Lo stupore per le cose semplici si palesa in Frogs, un mantra psichedelico di suoni ipnotici che accompagnano lo stupore di Cave alla vista di rospi che saltano durante la pioggia domenicale. Il vero momento sacrale però si raggiunge in Conversion, dove la voce straziante e le tastiere che riempiono i vuoti esplodono in una processione corale, trasmettendo un senso di risoluzione, quella che si prova anche dopo i momenti più bui della nostra esistenza. La consapevolezza del dolore e dell’essenza umana viene testimoniata alla fine dell’album con O Wow O Wow (How Wonderful She Is), dedicata ad Anita Lane: una canzone di glorificazione e non di lutto, solenne esaltazione per la “meravigliosa” persona che è stata.
“La canzone d’amore deve essere triste, come se la tristezza fosse il rumore stesso dell’amore” afferma Nick Cave In una lezione pubblica tenuta al South Bank Centre di Londra nel 1999. Potrebbe sembrare un ossimoro, ma in realtà senza quella malinconica bramosia d’animo che coinvolge tutti prima o poi nella vita, le canzoni amorose non avrebbero carattere, risulterebbero piatte e false.
In un mondo così veloce, soggetto a continui stimoli, le emozioni faticano ad essere vissute nella loro completezza. Siamo affamati di serotonina e ci saziamo di costanti impulsi quotidiani. Nel poco tempo che ci rimane siamo costretti a guardarci dentro e lo stesso mondo che prima ci sembrava svelto ad un tratto rallenta drasticamente e si incupisce. Solo nel momento in cui accettiamo e affrontiamo le negatività che ci si presentano possiamo essere in grado di accogliere al meglio la purezza dell’amore e di questo, ancora una volta, Nick Cave insegna e si erge a profeta.